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29 Marzo 2024

NOTIZIE DA ANCI EMILIA-ROMAGNA

Materiale didattico seminario ANCI-CONAI del 4 novembre

Disponibili video e slide della giornata di approfondimento sull’Accordo quadro ANCI-CONAI 2020-2024, organizzata in collaborazione con ANCI nazionale per amministratori e funzionari comunali, gestori del servizio rifiuti, dipendenti ATERSIR e soggetti interessati.


NOTIZIE DA IFEL

DL Aiuti-ter: le proposte di emendamenti ANCI e nota di accompagnamento

Decreto "Aiuti-ter" (dl 144/2022): la nota ANCI e il testo del decreto

DL "Aiuti TER": proposte emendamenti ANCI per la conversione in legge

Le modifiche al processo tributario: principali novità per i Comuni


GIURISPRUDENZA

Cass. civ. Sez. VI, ord. 24044 del 03.08.2022

Fondazione Onlus – Gestione casa di cura convenzionata – Esenzione – Non spettanza – Circolare ministeriale – Irrilevanza - "Va precisato che, con riferimento alle disposizioni che regolamentano l'esenzione ICI, di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i), deve tenersi conto della decisione della Commissione dell'Unione Europea del 19 dicembre 2012, secondo cui tale disposizione, nelle sue formulazioni succedutesi nel tempo, concretizza un aiuto di Stato in violazione del diritto dell'Unione, sicchè anche un ente senza fine di lucro può svolgere attività economica, cioè offrire beni o servizi sul mercato; la Commissione ha osservato che, anche laddove un'attività abbia una finalità sociale, questa non basta da sola ad escluderne la classificazione di attività economica. E' necessario, quindi, al fine dell'esclusione del carattere economico dell'attività, che quest'ultima sia svolta a titolo gratuito, ovvero dietro versamento di un importo simbolico (Cass. n. 7415 del 2019). Per quanto di interesse nelle presente controversia, si è anche precisato in giurisprudenza che "E' in questi termini superficiale e illogico, quando non manifestamente inconferente, l'assunto secondo cui l'attività di una Fondazione, svolta in regime di convenzione con la Regione, per il solo di fatto di essere il prezzo delle singole prestazioni fissato nella convenzione, equivalga ad implicare il suo inserimento in maniera completa ed esclusiva nell'ambito di un servizio pubblico" (cfr. Cass. 6511/1015); ed ancora, sempre in materia di attività sanitaria convenzionata, "anche in questo settore non vi è alcun profilo che consenta di affermare che l'attività sia svolta in forma gratuita o semigratuita, dovendosi ritenere che le tariffe convenzionali siano, comunque, dirette a coprire i costi e a remunerare i fattori della produzione (…)  Nè assume rilievo ai fini in questione l'osservazione che la prestazione sanitaria sia stata svolta in un mercato non concorrenziale, dal momento che la qualifica dell'attività non dipende dal suo essere esercitata in regime di libero mercato. Nè è dirimente il fatto che l'attività sanitaria svolta in regime di convenzionamento si inserisca nel servizio pubblico (Servizio Sanitario Nazionale) gestito direttamente da una Istituzione pubblica. Il Servizio Sanitario infatti è attività pubblica ed eventualmente gratuita per quanto riguarda la Pubblica Amministrazione ed i suoi rapporti con il cittadino utente, ma nel caso in cui la P.A. si avvalga dell'opera di privati l'attività svolta da questi ultimi è attività commerciale ove sia prestata dietro corrispettivi pattuiti o stabiliti in funzione dei costi e dell'adeguata remunerazione dei fattori di produzione dei servizi demandati al privato stesso. Non può avere effetto vincolante la contraria qualificazione enunciata nella circolare 26.1.2009, secondo cui "lo svolgimento di attività assistenziali e attività sanitarie si ritiene effettuato con modalità non commerciali quando le stesse (...) sono accreditate, e contrattualizzate o convenzionate con lo Stato, le Regioni e gli enti locali e sono svolte (...) in maniera complementare o integrativa rispetto al servizio pubblico", trattandosi di una circolare amministrativa che ha una valenza interna e non può influire sulla qualificazione giuridica dell'attività che è invece demandata al giudice" (cfr. Cass. 10123/2019).

Cass. civ. Sez. VI, ord. 24731 del 11.08.2022

ICI/IMU – Giudicato su valore aree fabbricabili – Non rileva - "Con riferimento, poi, all'efficacia ultrattiva del giudicato, la Corte ha rilevato che (…)  si giustifica soltanto in relazione ai fatti non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo (ad esempio, la capacità contributiva, le spese deducibili), e non anche rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d'imposta (ad esempio, le qualificazioni giuridiche preliminari all'applicazione di una specifica disciplina tributaria), assumono carattere tendenzialmente permanente." (così Cass. Sez. U., 16 giugno 2006, n. 13916 cui adde, ex plurimis, Cass., 16 maggio 2019, n. 13152; Cass., 3 gennaio 2019, n. 37; Cass., 1 luglio 2015, n. 13498; Cass., 30 ottobre 2013, n. 24433; Cass., 29 luglio 2011, n. 16675; Cass., 22 aprile 2009, n. 9512; v. altresì, in tema di ICI, Cass., 19 gennaio 2018, n. 1300; Cass., 16 settembre 2011, n. 18923; Cass., 29 luglio 2011, n. 16675). Va allora rimarcato, ad ogni modo, che non può ascriversi "a quei fatti che appaiano elementi costitutivi della fattispecie a carattere tendenzialmente permanente" nè la qualità edificabile di un terreno, che, assente in un periodo di imposta, ben può diversamente emergere in diversa annualità, - nè, come questa Corte ha già avuto modo di rilevare, il valore venale in comune commercio delle aree edificabili (D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 5), quale elemento variabile con riferimento ai diversi periodi di imposta (v. Cass., 12 luglio 2021, n. 19811; Cass., 30 dicembre 2019, n. 34594; Cass., 19 gennaio 2018, n. 1300Cass. civ., Sez. V, Sent., (data ud. 04/10/2017) 19/01/2018, n. 1300; Cass., 16 settembre 2011, n. 18923; v., altresì, in motivazione, Cass. Sez. U., 28 settembre 2006, n. 25506).

Cass. civ. Sez. V, sent. 24972 del 18.08.2022

ICI/IMU – Preliminare di vendita con immissione possesso – Non muta soggettività passiva – Spese di lite – Debenza anche senza richiesta Ufficio - "La posizione giuridica di chi sia immesso in un immobile in attuazione di un preliminare di vendita ad effetti anticipati è una posizione non di possesso bensì di detenzione. Si ricorda infatti che il possesso (art.1140 c.c.) è la situazione di fatto ad immagine di diritto di proprietà o di diritto reale di godimento o la situazione titolata in base ad uno di tali diritti. Il contratto preliminare di vendita non attribuisce all'acquirente tali diritti bensì un diritto personale di godimento. Le Sezioni Unite di Corte, con sentenza n.7930 del 27/03/2008, hanno affermato che "nella promessa di vendita, quando viene convenuta la consegna Cass 24972 del 19.08.2022 - Preliminare di vendita con immissione possesso- Non sposta soggettività passiva. Spese di lite, dovute d'ufficio anche senza richiesta di parte del bene prima della stipula del contratto definitivo, non si verifica un'anticipazione degli effetti traslativi, in quanto la disponibilità conseguita dal promissario acquirente si fonda sull'esistenza di un contratto di comodato funzionalmente collegato al contratto preliminare, produttivo di effetti meramente obbligatori. Pertanto la relazione con la cosa, da parte del promissario acquirente, è qualificabile esclusivamente come detenzione qualificata e non come possesso utile "ad usucapionem", salvo la dimostrazione di un'intervenuta "interversio possessionis" nei modi previsti dall'art. 1141 cod. civ.". La Corte ha ribadito: "Nella promessa di vendita, quando viene convenuta la consegna del bene prima della stipula del contratto definitivo, non si realizza un'anticipazione degli effetti traslativi, fondandosi la disponibilità conseguita dal promissario acquirente sull'esistenza di un contratto di comodato funzionalmente collegato al contratto preliminare, produttivo di effetti meramente obbligatori, sicché la relazione con la cosa, da parte del promissario acquirente, è qualificabile esclusivamente come detenzione qualificata e non come possesso" (Cass. Sez. 2, sentenza n.5211 del 16/03/2016). Con specifico riguardo alla doglianza in esame, la Corte ha affermato: "In tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), dalla lettura combinata degli artt. 1 e 3 del d.lgs. n. 504 del 1992 si evince che soggetto passivo dell'imposta può essere soltanto il proprietario o il titolare di un diritto reale di godimento sull'immobile. Ne deriva che, non potendo ritenersi soggetto passivo dell'imposta il promissario acquirente sulla base del contratto preliminare ad effetti anticipati, in quanto mero detentore qualificato, tenuto al pagamento dell'imposta è unicamente il proprietario dell'immobile compromesso in vendita".(…)

Cass. civ. Sez. V, sent. n. 25626 del 31.08.2022

Procedura 336 – Rendita successivamente attribuita – Utilizzo retroattivo – Legittimità -  "Nel caso in cui la variazione catastale consegua dalla conformazione dei contribuenti alla richiesta del Comune di aggiornamento (ai sensi del comma 336 cit.), si produce l'effetto retroattivo previsto dall'art. 1, comma 337 (dal 1° gennaio dell'anno successivo alla variazione edilizia), se nella richiesta notificata ai contribuenti il Comune abbia indicato la "data cui riferire la mancata presentazione della denuncia catastale" (Cass. 14 febbraio 2019, n. 4349). In difetto di indicazione della data della variazione edilizia la denuncia di variazione presentata dai contribuenti, in conformazione alla richiesta del Comune, produce il suo effetto solo "dal 1° gennaio dell'anno di notifica della richiesta del comune".

Cass. civ. Sez. VI, ord. n. 25782 del 01.09.2022

ICI/IMU – Valore area fabbricabile – Valori deliberati dal comune non vincolanti – Contribuente può provare un valore diverso con perizia di parte -  "Il ragionamento espresso dalla CTR nella sentenza in scrutinio è conforme all'indirizzo interpretativo di questa Corte secondo cui nonostante la facoltà riconosciuta ai Comuni di determinare il valore delle aree edificabili ai sensi della L. n. 446 del 1997, art. 59, lett. G) "ciò non di meno remane ferma la regola, stabilita dal D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 52 secondo la quale il valore delle aree edificabili è quello stabilito nel commercio, per cui il contribuente può dichiarare un valore inferiore a quello stabilito nel regolamento, il comune può ritenerlo congruo, in quanto concretamente corrispondente al valore di mercato, come può accertare un valore maggiore, ed in tal caso l'accertamento deve essere motivato facendo riferimento ai valori di mercato" (Cass. n. 4605/2018). Altresì, con pronuncia n. 16629/2017 si è precisato che la parte contribuente può dimostrare il minor valore dei terreni, stabilito dalla delibera comunale, attraverso la prova contraria raggiunta con la produzione di una perizia di parte. Posto, dunque, che il valore venale dell'area edificabile può essere pacificamente rideterminato attraverso documentazione idonea a dimostrare la non corrispondenza e adeguatezza degli indici comunali, l'unico motivo di ricorso è infondato.

Cass. civ. Sez. VI, ord. n. 25770 del 01.09.2022

ICI/IMU – Valore area fabbricabile – Giudicato non rileva – Valore comunque utilizzabile se è rimasto invariato - "Con le due decisioni richiamate dalla ricorrente è stato stabilito che "in tema di ICI la sentenza che abbia deciso con efficacia di giudicato relativamente ad alcune annualità fa stato anche con riferimento ad annualità diverse, in relazione a quei fatti che appiano elementi costitutivi della fattispecie a carattere tendenzialmente permanente; tale carattere non può essere attribuito al valore immobiliare D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, ex art. 5, comma 5 che, per sua natura, con riferimento ai diversi periodi di imposta, è destinato a modificarsi nel tempo". Con dette decisioni si è dunque negato che il valore di un bene, dichiarato corretto, in riferimento ad un anno,, con una sentenza divenuta definitiva, possa non essere considerato, da altro giudice, il valore del medesimo bene con riguardo ad una diversa annualità. Ciò non significa che un giudice di merito non possa, nel rispetto del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 5, considerare il valore di un terreno edificabile, invariato dalla annualità per la quale vi fu una prima stima da parte di un Comune alla annualità a cui è riferita la pretesa impositiva. In altri termini, il fatto che la mutabilità del valore di un terreno edificabile impedisce di ritenere che il valore resti immutato nel tempo, non interferisce con il diverso fatto per cui il valore di un terreno edificabile può in concreto non essere variato per un certo periodo cosicchè la stima operatane in un dato momento possa rimanere valida per un momento successivo".

Cass. civ. Sez. V, sent. n. 25695 del 01.09.2022

TARSU/TARI – Termini decadenziali – Sono identici sia per dichiarazione infedele che omessa - "Si è infatti già precisato che, per ogni anno solare, sussiste una distinta obbligazione tributaria (D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 64, comma 1), sicchè, come accade nel caso di totale omissione della dichiarazione, anche nel caso in cui l'iniziale denuncia sia infedele (o incompleta), il contribuente non è liberato dall'obbligo di presentare la denuncia, corretta e completa, perchè tale obbligo permane e si rinnova di anno in anno, tant'è che la sua inottemperanza è sanzionata del D.Lgs. n. 507 del 1993D.Lgs. 15/11/1993, n. 507, art. 76, per ogni anno in cui la denuncia non è presentata. Qualora, dunque, il contribuente effettui una iniziale denuncia infedele (o incompleta) e negli anni successivi resti inerte, in questi anni, non presentando la dichiarazione dovuta, si trova nella stessa condizione di chi abbia omesso di presentarla (così da ultimo Cass., Sez. 5, n. 25063/2019; n. 22900/2020)."

Cass. civ. Sez. V, ord. n. 25806 del 01.09.2022

DOCFA – Obbligo presentazione per variazione strutturali e cambio destinazione – DOCFA per rettifica classamento – Illegittimità - "Nel caso in esame, la contribuente risulta aver scelto per la revisione catastale lo strumento del procedimento "DOCFA", regolato dal D.M. 19 aprile 1994, n. 701, il cui art. 1, comma 1, prevede che si possa far ricorso ad essa in due soli casi: in caso di presentazione di dichiarazione di nuova costruzione di cui al D.P.R. 1 dicembre 1949, n. 1142, art. 56, o in caso di variazione dello stato dei beni di cui al R.D.L. 13 aprile 1939, n. 652, art. 20, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 1939, n. 1249, il quale impone alle persone o enti indicati nell'art. 3 l'obbligo di denunciare, nei modi e termini da stabilirsi con il regolamento, le variazioni nello stato e nel possesso dei rispettivi immobili, le quali comunque implichino mutazioni ai sensi del R.D.L. 13 aprile 1939, n. 652, art. 17, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 1939, n. 1249. L'impiego della procedura "DOCFA" è, pertanto, limitato ai soli casi di variazione effettiva dello stato dell'immobile che implichi modifica nella consistenza delle singole unità immobiliari, circostanza questa che non si è verificata nel caso in esame, ove è incontestato che la procedura "DOCFA" sia stata introdotta dalla contribuente unicamente per una variazione che riguardava - oltre alla destinazione d'uso - lo stato di degrado e vetustà del fabbricato in cui l'appartamento è ubicato, che avrebbe perduto, nel corso degli anni, anche in base alla valutazione di elementi non strettamente inerenti al suo stato di conservazione (come l'evoluzione sociale degli indici sintomatici di "signorilità"), le caratteristiche di pregio possedute al momento della costruzione. Si tratta, perciò, di elementi inidonei, come tali, ad intaccare l'originario classamento in categoria A/1, tenendo conto della sua situazione preesistente (caratteristiche costruttive, tecnologiche e ornamentali) (in termini: Cass., Sez. 5, 2 febbraio 2021, n. 2250)."

Cass. civ. Sez. VI, ord. n. 26174 del 06.09.2022

Contenzioso tributario – Contrasto tra dispositivo e motivazione – Istanza correzione sentenza e non ricorso cassazione - "questa Suprema Corte già con la remota sentenza n. 1205 del 1984 (che peraltro richiama precedenti ancora più lontani, quali Cass. 4188/79; 16/78 e 2784/68) ha sancito il principio che il contrasto tra formulazione letterale del dispositivo (di rigetto della domanda) e pronunzia adottata in motivazione (di accoglimento) integra non un vizio incidente sul contenuto concettuale e sostanziale della decisione, bensì un errore materiale, come tale emendabile con la procedura ex art. 287 c.p.c. (applicabile anche al procedimento dinanzi alle commissioni tributarie), e non denunciatile (in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 5) con ricorso per Cassazione". In senso analogo si è successivamente espressa la giurisprudenza di questa Corte, che ha precisato che "il contrasto tra motivazione e dispositivo che dà luogo alla nullità della sentenza si deve ritenere configurabile solo se ed in quanto esso incida sulla idoneità del provvedimento, considerato complessivamente nella totalità delle sue componenti testuali, a rendere conoscibile il contenuto della statuizione giudiziale. Una tale ipotesi non è ravvisabile nel caso in cui il detto contrasto sia chiaramente riconducibile a semplice errore materiale, il quale trova rimedio nel procedimento di correzione al di fuori del sistema delle impugnazioni - distinguendosi, quindi, sia dall'error in indicando deducibile ex art. 360 c.p.c., sia dall'errore di fatto revocatorio ex art. 395 c.p.c., n. 4 - ed è quello che si risolve in una fortuita divergenza tra il giudizio e la sua espressione letterale, cagionata da mera svista o disattenzione nella redazione della sentenza, e che, come tale, può essere percepito e rilevato ictu oculi, senza bisogno di alcuna indagine ricostruttiva del pensiero del giudice, il cui contenuto resta individuabile ed individuato senza incertezza" (Cass. 17392/04 e 10129/99)".

Cass. civ. Sez. VI, ord. n. 26475 del 08.09.2022

ICI/IMU - Società agricola – Attività esercitate in aggiunta ad attività agricola – Spettanza benefici non sussiste – Necessità esercizio esclusivo attività agricola - "il Collegio ritiene di condividere i principi espressi in sede di legittimità da un orientamento recente (dopo un isolato arresto di segno contrario: Cass., n. 22484/2017), secondo cui le disposizioni di cui al D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 228 ed al D.Lgs. n. 29 marzo 2004, n. 99 hanno profondamente inciso sulla stessa configurazione del requisito soggettivo per la fruizione dell'agevolazione, fornendo una lettura più in linea con la normativa Eurounitaria;- in particolare è stato affermato che, in tema di T.C.I., le agevolazioni previste dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 9 consistenti nel considerare agricolo anche il terreno posseduto da una società agricola di persone si applicano - a seguito della modifica della L. 9 maggio 1975, n. 153, art. 12 da parte del D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 228, art. 10 e della sua successiva abrogazione e sostituzione con il D.Lgs. 29 marzo 2004, n. 9, art. 1 - qualora detta società possa essere considerata imprenditore agricolo professionale ove lo statuto preveda quale oggetto sociale l'esercizio esclusivo delle attività agricole di cui all'art. 2135 c.c. ed almeno un socio sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo ovvero abbia conoscenze e competenze professionali, ai sensi dell'art. 5 del regolamento 6 (CE) n. 1257 del 17 maggio 1999, e dedichi alle attività agricole di cui all'art. 2135 c.c. almeno il cinquanta per cento del proprio tempo di lavoro complessivo, ricavando da dette attività almeno il cinquanta per cento del proprio reddito globale da lavoro (cfr. Cass. civ. nn. 11415/2019, 28062/2018, 375/2017; conf. Cass. n. 27130/2020 in motiv.; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 2921 del 2022; Cass. sez. 6-5, n. 12640 de 2022 e n. 12639 del 2022 tra le medesime parti); (…) - nella specie, la Commissione Tributaria Regionale non ha dunque fatto corretta applicazione del principio enunciato, avendo ammesso alla fruizione dell'esenzione IMU ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. b) la società semplice "I Morami" ancorchè-sebbene uno dei soci rivestisse la qualifica di imprenditore agricolo professionale (IAP) - difettasse il requisito della previsione nello statuto quale oggetto sociale dell'esercizio esclusivo delle attività agricole di cui all'art. 2135 c.c. (figurando nell'oggetto sociale "anche l'attività di acquisto, compravendita, permuta di immobili in generale")".

Cass. civ. Sez. VI, ord. n. 26483 del 08.09.2022

Tarsu/Tari – Abitazione utilizzata anche come studio di promotore finanziario – Assoggettamento con due utenze autonome - "in materia di TARI, costituiscono presupposto impositivo l'occupazione o la conduzione di locali ed aree scoperte, adibiti a qualsiasi uso privato, non costituenti accessorio o pertinenza degli stessi, di talchè, pur valendo il principio secondo cui è l'Amministrazione a dover fornire la prova della fonte dell'obbligazione tributaria, è onere del contribuente dimostrare la sussistenza delle condizioni per beneficiare della riduzione della superficie tassabile ovvero dell'esenzione, trattandosi di eccezione rispetto alla regola generale del pagamento dell'imposta sui rifiuti urbani nelle zone del territorio comunale (Cass. n. 12979 del 2019; Cass. n. 22130 del 2017). La sentenza impugnata ha fatto un uso corretto dei suddetti principi di diritto in quanto ha ragionevolmente e coerentemente evidenziato che la doppia imposizione si spiega in ragione dell'uso promiscuo cui è adibito l'immobile del contribuente e che, per quanto riguarda l'uso professionale, si è fatto riferimento allo studio di settore, peraltro fornito dallo stesso contribuente. Inoltre la determinazione del reddito mediante l'applicazione degli studi di settore è idonea a integrare presunzioni legali che sono, anche da sole, sufficienti ad assicurare un valido fondamento all'accertamento tributario e non risulta che la parte contribuente, che non ha apprestato difese, abbia fornito la prova contraria (afferma infatti la sentenza impugnata che è documentato che la parte contribuente utilizza l'immobile in questione non solo per abitazione ma anche per l'attività professionale, non avendo il contribuente documentato con una dichiarazione della società per la quale svolge attività professionale che la sede è presso la suddetta società)."

CORTE COSTITUZIONALE – SENTENZA 209 DEL 13.10.2022

Illegittimità costituzionale normativa IMU di definizione abitazione principale – Residenza e dimora del nucleo – Irrilevanza – "Conclusivamente deve dichiararsi l’illegittimità costituzionale del quarto periodo del comma 2 dell’art. 13 del d.l. n. 201 del 2011, come convertito e successivamente modificato dalla legge n. 147 del 2013, nella parte in cui stabilisce: «[p]er abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente», anziché disporre: «[p]er abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente».

13.– L’illegittimità costituzionale del censurato quarto periodo del comma 2 dell’art. 13, nei termini descritti, determina, in via consequenziale, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), quella di ulteriori norme.

13.1.– Innanzitutto comporta l’illegittimità costituzionale consequenziale del quinto periodo del medesimo comma 2 dell’art. 13 del d.l. n. 201 del 2011, come convertito e successivamente modificato, che stabilisce: «[n]el caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale, le agevolazioni per l’abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile». (…)

13.2.– L’illegittimità costituzionale in via consequenziale va dichiarata anche con riguardo alla lettera b) del comma 741, dell’art. 1 della legge n. 160 del 2019, dove, in relazione alla cosiddetta “nuova IMU”, è stato identicamente ribadito che «per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e i componenti del suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente. Nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale, le agevolazioni per l’abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile». (…)

13.3.– Deve, infine, essere dichiarata l’illegittimità costituzionale in via consequenziale anche dell’ultima formulazione del medesimo comma 741, lettera b), secondo periodo, all’esito delle modifiche apportate con l’art. 5-decies, comma 1, del d.l. n. 146 del 2021, come convertito, che dispone: «per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e i componenti del suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente. Nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale o in comuni diversi, le agevolazioni per l’abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile, scelto dai componenti del nucleo familiare». (…)

14.– Da ultimo questa Corte, ritiene opportuno chiarire che le dichiarazioni di illegittimità costituzionale ora pronunciate valgono a rimuovere i vulnera agli artt. 3, 31 e 53 Cost. imputabili all’attuale disciplina dell’esenzione IMU con riguardo alle abitazioni principali, ma non determinano, in alcun modo, una situazione in cui le cosiddette “seconde case” delle coppie unite in matrimonio o in unione civile ne possano usufruire. Ove queste abbiano la stessa dimora abituale (e quindi principale) l’esenzione spetta una sola volta.

 
 

 

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