< archivio newsletter | Annullo iscrizione a questa newsletter | Visualizza nel browser.
 
 
 

11 Dicembre 2024

NOTIZIE DA IFEL

Da Stato-Città via libera rinvio al 15 settembre dei bilanci di previsione 2023 per tutti i Comuni


GIURISPRUDENZA

Cass. civ. Sez. V, ord. 12770 del 10.05.2023

Definizione liti pendenti Corte di Cassazione – Controversie comunali – Necessità regolamento – DOCFA -  Non corregge errori di accatastamento in modo retroattivo - "la L. n. 130 del 2022, art. 5, comma 15, che: "Ciascun ente territoriale stabilisce, con le forme previste dalla legislazione vigente per l'adozione dei propri atti, l'applicazione delle disposizioni di cui al presente articolo alle controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte il medesimo ente o un suo ente strumentale". La sola lettera della legge ("stabilisce") non sembra elemento interpretativo sufficiente a fondare la qui sostenuta obbligatorietà dell'applicazione, da parte degli enti locali, delle disposizioni sulla definizione agevolata in questione. L'art. 6 (Definizione agevolata delle controversie tributarie) D.L. n. 119 del 2018, conv. in L. n. 136 del 2018, afferma al comma 16, che ciascun ente territoriale "può stabilire" questa applicazione; e così pure la L. n. 197 del 2022, art. 1, recante un'altra procedura di definizione delle controversie tributarie, anche in questo caso comprese quelle pendenti innanzi alla Corte di Cassazione, prescrive al comma 205 che ciascun ente territoriale "può stabilire" entro il 31 marzo 2023 (...) l'applicazione delle disposizioni definitorie in cui sia parte il medesimo ente ovvero un suo ente strumentale. (…) Da questo punto di vista, la obiettiva mancanza di parametri letterali e logico-giuridici volti a sostenere, con assoluta certezza, l'asserita obbligatorietà dell'adesione non può che essere colmata in senso costituzionalmente orientato; e dunque nel senso della affermazione - non esclusione - dell'autonomia in materia dei Comuni, secondo quanto stabilito in linea generale, e seppure entro il perimetro delle prescrizioni statuali in materia di federalismo fiscale e di coordinamento del sistema tributario nazionale, dagli artt. 117 e 119 Cost.. Sicchè alle competenze (tariffarie-regolamentari, accertative, riscossive) attribuite ai Comuni in ordine ai tributi locali più armonicamente si associa la potestà (non l'obbligo) di valutare l'estensione ad essi (più esattamente, alle liti che li riguardano) del regime di definizione agevolata nella preminente e discrezionale valutazione, non ultimo, dell'impatto di tale estensione sul gettito atteso e sulle funzioni pubbliche locali che con esso si intendono perseguire e si sono programmate. (…) Nel caso di specie è del tutto pacifico che alla data del 1 gennaio della annualità di imposizione il terreno in questione fosse iscritto in catasto in categoria D/1; una diversa classificazione di esonero per ruralità (D/10) venne effettivamente richiesta dalla società sia nel 2013 sia nel 2015, ma queste procedure Docfa non possono di per sè sortire alcun effetto sulla presente controversia, dal momento che la prima risultò errata per fatto imputabile alla contribuente, mentre la seconda venne sì accolta dall'amministrazione finanziaria ma soltanto con efficacia ex nunc. In modo tale che ogni motivo di opposizione volto invece ad ottenere l'attribuzione retroattiva della categoria di ruralità anche per gli anni antecedenti alla procedura Docfa del 2015 (per giunta dichiaratamente al di fuori della specifica procedura di regolarizzazione autocertificata ad effetto retroattivo quinquennale di cui al D.L. n. 70 del 11, i cui termini erano inutilmente spirati) doveva essere rivolto contro il provvedimento di classificazione catastale, e non avverso l'avviso di accertamento Ici-Imu con il quale l'amministrazione comunale ha semplicemente recepito la categoria attribuita ed in quel momento vigente".

Cass. civ. Sez. V, sent. 13131 del 12.05.2023

Coadiuvante agricolo – Pensionato Agricolo – Norma di interpretazione autentica- Effetti retroattivi - "la L. n. 130 del 2022, art. 5, comma 15, che: "il D.L. n. 104 del 2020, art. 78-bis, comma 3, nell'interpretare autenticamente e con effetti retroattivi la disciplina IMU, nel senso di considerare coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali anche i pensionati, richiede soltanto che gli stessi continuino a svolgere attività in agricoltura con modalità idonee a mantenere l'iscrizione nella relativa gestione previdenziale e assistenziale agricola; analogamente la L. 30 dicembre 2018, n. 145, art. 1, comma 705, applicabile retroattivamente ai sensi del comma 1 del citato art. 78-bis, richiede solo che i coadiutori continuino a partecipare attivamente all'impresa del familiare con le modalità dell'abitualità e della prevalenza che costituiscono il presupposto dell'iscrizione. (…) A seguito di tali interventi normativi, chiaramente ispirati dalla volontà del legislatore di sostenere l'esercizio delle attività imprenditoriali agricole, per accedere alle agevolazioni IMU prevista per i terreni agricoli è divenuto sufficiente che il soggetto, anche se già pensionato, mantenga l'iscrizione nella relativa gestione previdenziale e assistenziale agricola, iscrizione che di per sè certifica che lo stesso continua a svolgere attività in agricoltura versando i relativi contributi.

Cass. civ. Sez. V, sent. 15024 del 29.05.2023

DOCFA- Presentazione per correzione errori precedenti – Retroattività – Non sussiste – Riconoscimento errore da parte dell’Agenzia – Necessita - "Dall'altro vale osservare che, comunque, di efficacia retroattiva da errore può parlarsi solo se quest'ultimo sia imputabile alla pubblica amministrazione, e non alla parte privata la quale, presentata la dichiarazione di variazione-emenda (alla quale ha, in effetti, sempre diritto), fruisce dei relativi effetti solo a far data dalla presentazione stessa, non anche per il periodo antecedente. Si è in proposito stabilito (Cass.n. 16679/21 cit. con molti richiami) che la regola generale di irretroattività (decorrenza della rendita dal 1 gennaio dell'anno di imposizione) "non si applica, però, al caso in cui la modificazione della rendita catastale derivi dalla rilevazione di errori di fatto compiuti dall'ufficio nell'accertamento o nella valutazione delle caratteristiche dell'immobile esistenti alla data in cui è stata attribuita la rendita, in quanto il riesame di dette caratteristiche da parte del medesimo ufficio comporta, previa correzione degli errori materiali, l'attribuzione di una diversa rendita a decorrere dal momento dell'originario classamento, rivelatosi erroneo o illegittimo (Cass., 29 settembre 2005, n. 19066 cui adde, ex plurimis, Cass., 20 marzo 2019, n. 7745; Cass., 28 agosto 2017, n. 20463; Cass., 31 luglio 5 2015, n. 16241; Cass., 5 maggio 2010, n. 10815; Cass., 30 dicembre 2009, n. 27906); laddove la riconducibilità dell'errore di fatto all'Ufficio deve risultare "evidente ed incontestabile, avendolo riconosciuto lo stesso Ufficio" (Cass., 20 marzo 2019, n. 7745; Cass., 28 agosto 2017, n. 20463; Cass., 18 febbraio 2015, n. 3168; Cass., 12 maggio 2017, n. 11844; Cass., 24 luglio 2012, n. 13018)". Mentre le variazioni catastali conseguenti a modificazioni della consistenza o della destinazione dell'immobile denunciate dallo stesso contribuente, "debbono trovare applicazione dalla data della denuncia (Cass. n. 2771/2021, in motiv; Cass. n. 1215/2021, in motiv; Cass. nn. 29683 e 29078 del 2020; Cass. n. 29888/2020; Cass. n. 7745/2019; n. 10126/2019; Cass., 12 maggio 2017, n. 11844; Cass., 24 luglio 2012, n. 13018)".

Cass. civ. Sez. V, ord. n. 17041 del 14.06.2023

Processo tributario – Comune - Costituzione tardiva in giudizio – Ammissibilità - "La conclusione qui accolta non risulta inficiata dal fatto che la costituzione del Comune in appello fosse tardiva, dovendosi qui ribadire che: "Nel processo tributario, la violazione del termine previsto dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 23 per la costituzione in giudizio della parte resistente comporta esclusivamente la decadenza dalla facoltà di proporre eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d'ufficio e di fare istanza per la chiamata di terzi, sicchè permane il diritto dello stesso resistente di negare i fatti costitutivi dell'avversa pretesa, di contestare l'applicabilità delle norme di diritto invocate e di produrre documenti ai sensi degli artt. 24 e 32 detto decreto" (Cass. N. 2585/19 e molte altre). Cass 17041 del 14.06.2023 - Legittima costituzione tardiva del comune".

Cass. civ. Sez. V, ord. n.17089 del 15.06.2023

Esenzione IMU – Attività convenzionata servizio sanitaria – Rilevanza – Non sussiste - "Come già affermato da questa Corte (cfr. Cass. nn. 10123 e 10124 del 2019; Cass. del 20.06.2022, n. 32766), anche in questo settore, infatti, non vi è alcun profilo che consenta di affermare che l'attività sia svolta in forma gratuita o semigratuita, dovendosi ritenere che le tariffe convenzionali siano comunque dirette a coprire i costi e a remunerare i fattori della produzione, salvo che in ragione di specifiche circostanze fattuali possa dirsi che l'immobile viene destinato ad attività sanitaria svolta con modalità non commerciali escludendo la logica del profitto e del mercato, circostanze nel caso di specie assenti avendo la stessa Fondazione dedotto unicamente la natura non commerciale dell'attività sanitaria sulla scorta dell'accreditamento con il Servizio Sanitario; neppure assume rilievo ai fini in questione che la prestazione sanitaria possa essere svolta in un mercato non concorrenziale dal momento che la qualifica dell'attività non dipende dal suo essere esercitata in regime di libero mercato, nè è dirimente il fatto che l'attività sanitaria svolta in regime di convenzionamento si inserisca nel servizio pubblico (Servizio Sanitario Nazionale) gestito direttamente da un'Istituzione pubblica. Il Servizio Sanitario, infatti, è attività pubblica ed eventualmente gratuita per quanto riguarda la Pubblica Amministrazione ed i suoi rapporti con il cittadino utente ma nel caso in cui la P.A. si avvalga dell'opera di privati l'attività svolta da questi ultimi è attività commerciale ove sia prestata dietro corrispettivi pattuiti o stabiliti in funzione dei costi e dell'adeguata remunerazione dei fattori di produzione dei servizi demandati al privato stesso. Non può avere effetto vincolante la contraria qualificazione enunciata nella circolare 26.1.2009, trattandosi di una circolare amministrativa che ha una valenza interna e non può influire sulla qualificazione giuridica dell'attività che è invece demandata al giudice. Peraltro, neppure potrebbe essere valorizzato un'eventuale chiusura di esercizio di bilancio in termini negativi essendo di tutta evidenza che questo non è elemento che consente di escludere la natura commerciale dell'attività, che rimane tale anche se non produce, per qualche contingenza, utili".

Cass. civ. Sez. V, ord. n.17108 del 15.06.2023

Esenzione IMU – Residenza universitaria - Utilizzo esclusivo - Necessita - "Ciò premesso, l'esenzione può trovare applicazione a condizione che sia dimostrato, incombendo il relativo onere probatorio al contribuente, che le attività in oggetto, di natura ricettiva, a seguito della modifica di cui al citato D.L. n. 223 del 2006, abbiano natura esclusivamente non commerciale. Tali conclusioni sono state ribadite dalla giurisprudenza di questa Corte (tra cui, in particolare, Cass. sez. 5, 13 marzo 2015, n. 5041 e Cass. sez. 6-5, ord. 20 gennaio 2017, n. 1436, con specifico riferimento ad attività ricettive svolte da Istituti religiosi, oltre a numerose pronunce riferite all'esercizio di attività didattica con pagamento di rette). Ne consegue che la circostanza, constatata pure dal decidente, della destinazione dell'attività ricettiva anche per i normali fruitori con collocazione dell'offerta sul mercato di tutti i possibili utenti, è rivelatore dell'esercizio dell'attività con modalità commerciali. (…) 8. La critica risulta rispettare il requisito di specificità, atteso che l'ente locale ha allegato al ricorso la documentazione prodotta nel giudizio di merito, finalizzata a dimostrare che la gestione delle residenze universitarie di (Omissis) non è diretta dalla E.S.U., bensì dalla ESU gestione e Servizi, società dalla prima partecipata come inferibile dal bilancio dell'ente affidatario, con la conseguenza che gli immobili oggetto degli accertamenti non risulterebbero neppure direttamente utilizzati dall'ente controricorrente. 9. Nel caso di specie la CTR pur avendo accertato lo svolgimento nell'immobile per cui è causa di un'attività estranea alle attività di cui al cit. art. 7, ha confermato il diritto all'esenzione dall'imposta, sul presupposto della natura sporadica di detta attività e sulla ridotta entità dei corrispettivi applicati rispetto a quelli adottati da altre strutture ricettive nel medesimo ambito territoriale. La decisione non è in linea con l'orientamento di legittimità, secondo cui, in tema di ICI, l'esenzione prevista dall'art. 7 cit. presuppone che l'attività esercitata nell'immobile, pur rientrante tra quelle esenti, non sia svolta in concreto con modalità commerciali, delle quali costituisce un indice rivelatore il pagamento di un corrispettivo anche se modesto e che soprattutto sussista l'utilizzo diretto degli immobili (Cass. del 22/11/2022, n. 34211, Rv. 666358 - 01, nello stesso senso Cass. del 03/05/2017, n. 10754, Rv. 644064 - 01)."

Cass. civ. Sez. V, ord. n.17490 del 19.06.2023

Esenzione IMU – Scuola materna – Rette con copertura parziale dei costi – Esenzione – Non sussiste - "Con il terzo ed il quarto motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7 comma 1 lett.i). Per avere la Commissione Tributaria Regionale erroneamente affermato la natura commerciale dell'attività scolastica, e quindi escluso i presupposti dell'esenzione in parola, sul solo presupposto della percezione di rette idonee a coprire solo una parte dei costi di esercizio, e nonostante che una serie di circostanze fattuali (neppure esaminate) deponessero, anche alla luce di varie pronunce della Corte di Giustizia UE, nel senso esattamente contrario della non-commercialità: sovvenzioni convenzionate d'esercizio da parte del Comune, della Regione e del MIUR; determinazione delle rette in quattro fasce di reddito su base Isee e per importi comunque oggettivamente irrisori, variabili da 74 a 180 Euro mensili; copertura con le rette di non più del 45% delle uscite; presenza di perdite di bilancio proprio nell'annualità 2011. (….) Con specifico riguardo all'attività didattica paritaria, si rinvia a Cass.n. 34766/22 ed a Cass.n. 14226/15, la quale ultima ha escluso, in particolare, che argomento di non commercialità ai fini Ici potesse desumersi dalla circostanza che l'attività scolastica fosse in perdita. Orbene, nella concretezza del caso il giudice di merito ha correttamente ritenuto che un ruolo essenziale nella riconoscibilità dell'esenzione in questione dovesse attribuirsi all'entità economica delle rette scolastiche riscosse dalla contribuente le quali, quand'anche notevolmente inferiori a quelle di mercato, non potevano tuttavia reputarsi puramente simboliche, al punto da permettere il recupero dei costi di esercizio per quasi la metà (45%). Tutte le altre circostanze di cui si lamenta la pretermissione - su riportate - non erano in grado di scalfire la conformità a diritto di questo ragionamento; e ciò anche per quanto concerne il riconoscimento ministeriale di scuola ‘paritaria ovvero il fatto che l'attività didattica fruisse di sovvenzioni pubbliche. Sovvenzioni che consentivano all'Istituto di sostenere i costi di esercizio e di applicare rette mensili ridotte secondo fasce Isee e, pur tuttavia, neanche sotto questo profilo meramente simboliche. Si ritiene applicabile alla fattispecie quanto già affermato da questa Corte sul rapporto tra rette percepite da ogni singolo studente e quota di copertura dei costi medi di esercizio come indicativamente stabiliti dalla PA; secondo cui il carattere commerciale va escluso (con circostanza da provarsi ad onere del contribuente che invochi l'esenzione ex D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7 comma 1 lett.i), e pena la configurabilità di un non consentito aiuto di Stato in regime di libera concorrenza) solo in presenza come detto - di corrispettivi minimi o addirittura simbolici ed in maniera del tutto indipendente dai (non vincolanti) parametri dettati in proposito dal MIUR (Cass.n. 15364/22)."

Cass. civ. Sez. V, ord. n.18005 del 22.06.2023

IMU – Lavori di ristrutturazione – Riduzione per inagibilità – Non spettanza – "in tema di ICI, costituisce presupposto indispensabile per la riduzione dell'imposta ex art. 8, comma 1, D.Lgs. n. 504 del 1992, la condizione di inagibilità e inabitabilità in cui versi l'immobile, da intendersi come obiettiva inidoneità alla sua utilizzazione a causa dell'obsolescenza o cattiva manutenzione dello stesso o della presenza di carenze intrinseche (cfr. Cass. n. 29966 del 19/11/2019); nell'ipotesi di immobile inagibile, inabitabile e comunque di fatto inutilizzato, l'imposta va ridotta al 50 per cento, ai sensi dell'art. 8, comma 1, del D.Lgs. n. 30 dicembre 1992, n. 504, e, qualora dette condizioni di inagibilità o inabitabilità - accertabili dall'ente locale o comunque autocertificabili dal contribuente - permangano per l'intero anno, il trattamento agevolato deve estendersi a tutto il relativo arco temporale, nonchè per i periodi successivi, ove sussistano le medesime condizioni di fatto (cfr. Cass. n. 13230 del 20/06/2005); in tema di IMU, ai fini dell'applicazione della riduzione prevista dall'art. 13, comma 3, lett. b, del D.L. n. 201 del 2011 (conv. con modif. dalla l. n. 214 del 2011), devono considerarsi inagibili o inabitabili, e di fatto non utilizzati, i fabbricati per i quali vengano a mancare i requisiti di cui all'art. 24, comma 1, del D.P.R. n. 380 del 2001 e quindi, nello specifico, gli immobili che presentino un degrado fisico sopravvenuto (fabbricato diroccato, pericolante, fatiscente) o un'obsolescenza funzionale, strutturale e tecnologica, non superabile con interventi di manutenzione, ordinaria o straordinaria (cfr. Cass. n. 5804 del 24/02/2023)".

Cass. civ. Sez. V, ord. n.18150 del 26.06.2023

IMU – Notifica – Più atti in unica busta – Indicazione numero atti su avviso ricevimento – Sufficienza - Sussiste – "In tal guisa ragionando, ha fatto corretta applicazione del principio secondo cui "In caso di notifica di cartella di pagamento a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, ove l'involucro contenga plurime cartelle e il destinatario ne riconosca solo una, è necessario, perchè operi la presunzione di conoscenza posta dall'art. 1335 c.c., che l'autore della comunicazione fornisca la prova che l'involucro le conteneva, atteso che, secondo l'id quod plerumque accidit, ad ogni atto da comunicare corrisponde una singola spedizione. A tale fine l'indicazione dei numeri delle cartelle sull'avviso di ricevimento, in quanto sottoscritto dal destinatario D.P.R. 29 maggio 1982, n. 655, ex art. 12 pur non assumendo fede privilegiata, visto che vi provvede non l'agente postale ma lo stesso mittente, ha valore sul piano presuntivo ed ai fini del giudizio sul riparto dell'onere della prova" (Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 20786 del 02/10/2014; conf. Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 21533 del 15/09/2017). Del resto, la giurisprudenza citata dalla ricorrente per fondare la censura attiene unicamente alla notifica con un solo plico di più cartelle esattoriali le quali, in effetti, richiamate ex se, ossia col solo numero identificativo, non danno evidenza degli atti da cui traggono origine. Nell'ipotesi di specie, invece, si è in presenza della notifica con un unico plico di più avvisi di accertamento specificamente individuati, nel qual caso, stante la connessione oggettiva e soggettiva dei vari atti di accertamento, nonchè la contestualità della loro formazione, l'unicità della spedizione rappresenta una soluzione finalizzata ad una maggiore praticità ed economicità.

Cass. civ. Sez. V, ord. n.18239 del 26.06.2023

TARI – Riduzioni tecniche - Spettanza d’ufficio – Sussiste – Assenza dichiarazione – Non rilevanza – "6.3. vanno, quindi, richiamati in relazione alle tematiche prospettate dalla contribuente i principi di diritto affermati da questa Corte (vedi, ex plurimis, Cass. n. 17734/2020), cui va data continuità, secondo cui: - le riduzioni tariffarie cd. tecniche previste, in tema di TARI, dalla l. n. 147 del 2013, art. 1, commi 656 e 657, essendo chiamate a regolare situazioni in cui si realizza una contrazione del servizio e, quindi, dei costi per il suo espletamento per motivi oggettivi ed a favore di una pluralità indistinta di utenti, spettano ope legis, a prescindere dalla loro previsione nel regolamento comunale e senza la necessità di una specifica e preventiva domanda, incombendo sul contribuente il solo onere di provarne i presupposti normativi; - la riduzione tecnica tariffaria prevista, fino al 40%, dalla l. n. 147 del 2013, art. 1, comma 657, spetta, in particolare, per il solo fatto che il servizio di raccolta di rifiuti, pur debitamente istituito e attivato nel perimetro comunale, non venga, poi, concretamente svolto in una determinata zona municipale, purchè abbia una significativa estensione per cui sia ragionevole configurare un omesso servizio tanto da richiedere interventi sostitutivi e tale zona (indipendentemente dalla sua natura pubblica o privata che di regola non rileva a fini impositivi) non coincide con le usuali estensioni dei parchi residenziali o dei condomini privati, ove la contenuta distanza dal punto di raccolta più vicino arreca al più una mera difficoltà di accesso al servizio; - l'omesso svolgimento, da parte del Comune, del servizio di raccolta (sebbene istituito ed attivato) nella zona ove è ubicato l'immobile a disposizione dell'utente comporta non già l'esenzione dalla tassa, bensì la sua riduzione entro i limiti di legge in quanto i criteri di ripartizione del servizio di smaltimento dei rifiuti non sono collegati al concreto utilizzo, bensì ad una fruizione potenziale desunta da indici meramente presuntivi, quali l'occupazione e detenzione di locali ed aree, che tengono conto della quantità e qualità che, ordinariamente, in essi possono essere prodotti ed il legislatore ha ritenuto di temperare la rigidità di tale criterio impositivo introducendo ipotesi di esclusione e di riduzione, riduzioni che a loro volta si distinguono in obbligatorie, i cui presupposti sono già fissati dalla legge, e facoltative, spettanti solo se previste dal regolamento comunale e secondo le modalità ivi determinate; - incombendo, comunque, sul contribuente l'onere di allegare, dedurre e provare la sussistenza dei presupposti per beneficiare di una maggiore riduzione, sarà, poi, compito del giudice di merito graduare ulteriormente la percentuale di riduzione applicabile, tenendo conto di circostanze di fatto quali l'ubicazione dei locali o aree oggetto di tassazione all'interno della zona e la loro distanza dal più vicino punto di raccolta; - in assenza di una richiesta specifica in tal senso o di una prova specifica dei presupposti per applicare la ulteriore graduazione, resta fermo che la riduzione dovrà essere applicata nella misura prevista dalla norma, e che, quindi, la TARI sarà dovuta in misura pari al 40% della tariffa intera applicabile; - risultando, quindi, evidente che le riduzioni non sono collegate alla peculiarità di situazioni soggettive, le stesse vanno riconosciute senza la necessità di una specifica e preventiva domanda che contenga l'indicazione delle condizioni per fruirne, incombendo sul contribuente il solo onere di provarne i presupposti normativi;

Cass. civ. Sez. V, ord. n.18266 del 27.06.2023

Annullamento – Limiti – Decadenza – Giudicato - Sussiste – "E' vero che l'Amministrazione ha sempre il potere di rinnovare l'attività di accertamento mediante l'annullamento in autotutela sostitutiva di un precedente provvedimento che si ritenga viziato (D.L. n. 564 del 1994, art. 2-quater, comma 1, conv. in l. n. 656 del 1994), ma ciò trova il limite invalicabile - oltre che del rispetto del termine decadenziale di accertamento - proprio della insussistenza di un giudicato contrario sul merito dell'imposizione (Cass. n. 25055/19 ed altre)".

Cass. civ. Sez. V, ord. n.18566 del 30.06.2023

Definizione liti Cassazione – legge 130/2022 – Recepimento regolamento comunale - Necessita – "va considerato che della L. 31 agosto 2022, n. 130, art. 5, consente la definizione agevolata dei giudizi tributari pendenti innanzi alla Corte di cassazione ai sensi del D.Lgs. 1 dicembre 1992, n. 546, art. 62, in cui è parte l'Agenzia delle Entrate; 4.2. l'art. 5, comma 15, della citata Legge, altresì, dispone che "Ciascun ente territoriale stabilisce, con le forme previste dalla legislazione vigente per l'adozione dei propri atti, l'applicazione delle disposizioni di cui al presente articolo alle controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte il medesimo ente o un suo ente strumentale"; 4.3. non convince, pertanto, alla luce del dato normativo la prospettazione di parte ricorrente secondo cui la motivazione dell'atto impugnato sarebbe innanzitutto illegittima in quanto fondata sull'erroneo presupposto che il comune abbia la facoltà di decidere se aderire o meno alla definizione delle controversie tributarie prendenti in cassazione ai sensi della L. 31 agosto 2022, n. 130, art. 5, laddove la definizione agevolata della L. 31 agosto 2022, n. 130, ex art. 5, "consente agli enti comunali di stabilire esclusivamente le modalità di applicazione per la definizione del giudizio pendente, disponendo della L. 31 agosto 2022, n. 130, art. 5, u.c., che ciascun ente territoriale stabilisce, con le forme previste dalla legislazione vigente per l'adozione dei propri atti, l'applicazione delle disposizioni di cui al presente articolo alle controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte il medesimo ente o un suo ente strumentale" mentre la legge non prevederebbe affatto la facoltà dell'ente territoriale di aderire oppure non aderire alla definizione delle controversie pendenti in cassazione; 4.4. trattasi di lettura che contrasta palesemente con la ratio della norma dal cui tenore complessivo risulta evidente che il meccanismo della definizione agevolata de quo si applica sempre e, comunque, alle condizioni date laddove è parte l'Agenzia delle Entrate mentre spetta a ciascun ente territoriale "stabilire" se aderire o meno a tale meccanismo deflattivo ed in questi termini va interpretata la parola "stabilisce"; 4.5. appare, quindi, evidente che con riguardo alla definizione delle controversie pendenti in Cassazione relative ai tributi degli enti territoriali (comuni, province, città metropolitane, regioni), la L. n. 130 del 2022, art. 5, comma 15, rimette alla scelta dell'ente, espressamente formalizzata in un proprio atto normativo, l'applicabilità della definizione agevolata con riguardo alle liti in cui sono parte detti enti o propri enti strumentali, da ciò discendendo la piena legittimità del diniego da parte del comune di Gavorrano in questa sede impugnato; 4.6. la scelta del Comune controricorrente di non aderire alla definizione agevolata giustifica e legittima, di per sè, il provvedimento di diniego, rendendo prive di rilievo alcuno le ulteriori deduzioni circa asseriti vizi motivazionali


CIRCOLARI - RISOLUZIONI - COMUNICATI

Dipartimento delle finanze

Risoluzione n. 3/DF del 20 luglio 2023 - Chiarimenti in merito ai criteri per l’applicazione del canone unico patrimoniale di cui all’art. 1, commi 816 e seguenti in caso di diffusione di messaggi pubblicitari.


NORMATIVA

Decreto del Vice Ministro dell’economia e delle finanze 7 luglio 2023

Pubblicazione nella G.U. n. 172 del 25 luglio 2023 del decreto 7 luglio 2023 del Viceministro dell'economia e delle finanze per l’individuazione delle fattispecie in base alle quali i comuni possono diversificare le aliquote dell’IMU.

 
 

 

www.anci.emilia-romagna.it

Questo notiziario utilizza un Data Center certificato Bioagricert
a zero emissioni di CO2 e alimentato solo da fonti rinnovabili