< archivio newsletter | Annullo iscrizione a questa newsletter | Visualizza nel browser.
 
 
 

26 Aprile 2024

NEWS DA ANCI EMILIA-ROMAGNA

ATERSIR aggiorna il regolamento vigilanza e sanzioni rifiuti

Diverse la novità introdotte, evidenziate nelle premesse della delibera del Consiglio d'Ambito


NOTIZIE DA IFEL

La definizione agevolata dei contenziosi e lo stralcio dei crediti a seguito delle modifiche deldecreto Milleproroghe

Milleproroghe (dl 198/2022): la nota sintetica ANCI

La Regolazione rifiuti urbani: guida alla predisposizione del PEF secondo MTR-2 ARERA


GIURISPRUDENZA

Cass. civ. Sez. VI, ord. 982 del 16.01.2023

Cartella di pagamento – Legittima notifica mediante pec non iscritta nei pubblici registri - "La sentenza impugnata si è conformata ai suddetti principi laddove ha ritenuto valida la notifica proveniente da un indirizzo PEC ((Omissis)) dal quale era chiaramente evincibile il mittente pur se diverso da quello risultante dai pubblici registri ((Omissis)), circostanza questa della diversità degli indirizzi PEC - peraltro neppure provata dalla parte contribuente. Una diversa conclusione sarebbe smaccatamente contraria rispetto ai principi di buona fede, correttezza e solidarietà di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c., e art. 2 Cost., tenendo conto che il contribuente non ha addotto alcun motivo in virtù del quale sarebbe stato leso in concreto il diritto di difesa. (…) Nella specie, anche ad accedere alla versione della parte contribuente, quest'ultima non ha mai realmente evidenziato quali pregiudizi sostanziali al diritto di difesa sarebbero dipesi dalla ricezione della notifica della cartella di pagamento non dall'indirizzo telematico corrispondente al domicilio digitale dell'Agenzia, come presente nei pubblici registri ((Omissis)) ma da uno diverso ((Omissis)), relativamente al quale però è evidente ictu oculi la provenienza dall'Agenzia delle Entrate - Riscossioni.

Cass. civ. Sez. VI, ord. 1016 del 16.01.2023

Inagibilità immobile – Obbligo dichiarazione- Sussiste - "La CTR, negando la riduzione sul rilievo - in sè in nessun modo contestato - che l'odierna ricorrente non aveva presentato al Comune di Napoli la dichiarazione di inagibilità, ha applicato la legge alla lettera, correttamente; 2.3. nè, si aggiunge per completezza, è invocabile il principio espresso da questa Corte con ordinanza n. 8592/2021 ("In tema di IMU e nell'ipotesi di immobile inagibile, l'imposta va ridotta, ai sensi del D.L. n. 201 del 2011, art. 13, comma 3 (conv. con modif. dalla L. n. 214 del 2011), nella misura del 50 per cento anche in assenza di richiesta del contribuente quando lo stato di inagibilità è perfettamente noto al Comune, tenuto conto del principio di collaborazione e buona fede che deve improntare i rapporti tra ente impositore e contribuente di cui è espressione anche la regola secondo cui a quest'ultimo non può essere chiesta la prova di fatti già documentalmente noti al Comune") giacchè nel caso di specie la CTR ha affermato il contrario ossia, appunto, che lo stato di inagibilità non era stato reso nota al Comune

Cass. civ. Sez. V, sent. 1042 del 16.01.2023

Atto di accertamento - Omessa indicazione responsabile procedimento – Nullità dell’atto – Insussistente - "va osservato che l'indicazione del responsabile del procedimento negli atti dell'Amministrazione finanziaria non è richiesta, dalle norme indicate dalla ricorrente a pena di nullità, poichè tale sanzione è stata introdotta per le sole cartelle di pagamento dal D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, art. 36, comma 4-ter, convertito, con modificazioni, nella L. 28 febbraio 2008, n. 31, applicabile soltanto alle cartelle riferite ai ruoli consegnati agli agenti della riscossione a decorrere dal 1 giugno 2008 (Cass., Sez. U, n. 11722 del 14/05/2010). E' escluso, dunque, che la mancata indicazione del responsabile del procedimento nell'avviso di accertamento impugnato ne abbia determinato la nullità. (Cass. n. 11856 del 2017 Rv. 644115 - 01). Ed invero, il legislatore valorizza il requisito della sottoscrizione degli atti impositivi, mediante precisa individuazione dei soggetti all'uopo legittimati, assumendo in questa sede rilievo la L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 162, (legge Finanziaria per il 2007). Questa disposizione, nell'introdurre una vera e propria novella alla disciplina dell'attività di accertamento, riscossione e rimborso da parte degli enti locali, mediante la previsione di forme vincolate, assimilabili a quelle prescritte per altri provvedimenti impositivi tipici, finalizzati al prelievo tributario erariale, esige che la sottoscrizione degli avvisi in questione sia apposta "dal funzionario designato dall'ente locale per la gestione del tributo". A sua volta, la L. 28 dicembre 1995, n. 549, art. 1, comma 87, con specifico riferimento "agli atti di liquidazione e di accertamento" dei tributi locali, stabilisce che la firma autografa "è sostituita dall'indicazione a stampa del nominativo del soggetto responsabile, nel caso che gli atti medesimi siano prodotti da sistemi informativi automatizzati", prescrivendo, al contempo, che "il nominativo del funzionario responsabile per l'emanazione degli atti in questione, nonchè la fonte dei dati, devono essere indicati in un apposito provvedimento di livello dirigenziale". Per la validità formale degli avvisi di accertamento è, dunque, sufficiente l'indicazione del "funzionario responsabile del tributo"; assumendo all'uopo rilievo il disposto dell'art. 1, comma 87, cit..

Cass. civ. Sez. VI, ord. 1825 del 20.01.2023

Impianto fotovoltaico – Assoggettamento a decorrere allacciamento GSE – Base imponibile – Scritture contabili fino alla presentazione DOCFA - "Gli impianti fotovoltaici, in quanto immobili destinati alla produzione di energia e quindi ordinariamente dotati di capacità di produrre un reddito, sono opifici e, in assenza nel sistema normativo di indicazioni che ne giustifichino un trattamento differenziato, devono quindi essere accatastati nella categoria "D/1-Opificio" (…) Da parte di questa Corte è stato ripetutamente detto che "In tema di ICI, il metodo di determinazione della base imponibile collegato alle iscrizioni contabili, previsto del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 5, comma 3, per i fabbricati classificabili nel gruppo catastale D, non iscritti in catasto, interamente posseduti da imprese e distintamente contabilizzati, fino all'anno nel quale i medesimi sono iscritti in catasto con attribuzione di rendita, vale sino a che la richiesta di attribuzione della rendita non viene formulata, mentre, dal momento in cui la richiesta è formulata, il proprietario, pur applicando ormai in via precaria il metodo contabile, diventa titolare di una situazione giuridica nuova derivante dall'adesione al sistema generale della rendita catastale, sicchè può essere tenuto a pagare una somma maggiore (ove intervenga un accertamento in tali sensi), o avere diritto di pagare una somma minore, potendo, quindi, chiedere il relativo rimborso nei termini di legge" (Cass. SSUU n. 3160/11). 6.4. Nel caso di specie costituisce dato pacifico di causa che l'istanza di accatastamento è stata dalla società presentata nel luglio 2014, con la conseguenza che i periodi di imposta in contestazione, tra il 6 aprile 2011 e il 31 dicembre 2013, detta istanza non poteva sortire alcun effetto sulla determinazione della base imponibile, trattandosi di annualità ancora assoggettata al regime del valore di libro ex art. 5, comma 3, cit.. 6.5. Non può annettersi alcun rilievo alla deduzione della ricorrente e sulla quale la stessa tanto insiste, secondo cui l'impianto di che trattasi, sebbene in funzione dal 6 aprile 2011 allorchè fu allacciato al GSE, sarebbe stato interessato, per tutto il periodo al quale è riferita la pretesa impositiva del comune, da lavori edilizi e sarebbe poi stato completato solo nel 2014. (…) L'irrilevanza della deduzione deriva (…) dal fatto che ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, lett. a), "per fabbricato si intende l'unità immobiliare iscritta o che deve essere iscritta nel catasto edilizio urbano, considerandosi parte integrante del fabbricato l'area occupata dalla costruzione e quella che ne costituisce pertinenza; il fabbricato di nuova costruzione è soggetto all'imposta a partire dalla data di ultimazione dei lavori di costruzione ovvero, se antecedente, dalla data in cui è comunque utilizzato".

Cass. civ. Sez. VI, ord. 1826 del 20.01.2023

Area fabbricabile – Processo tributario  - Processo d’impugnazione – Onere di determinazione giudiziale del valore – Sussiste - "La CTR, col rimettere alla parte la rideterminazione della pretesa impositiva, dopo aver annullato l'avviso rilevandone il difetto di motivazione (intesa non come motivazione in senso formale, i.e. discorso sui presupposti giuridici e di fatto della pretesa ma come motivazione) sostanziale, è venuta meno all'obbligo di accertare e determinare l'ammontare dell'imposta dovuta dal contribuente, così contravvenendo ad un suo preciso dovere istituzionale (cfr. Cass. Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 26157 del 2013). Questa Corte ha più volte ribadito (cfr., ex multis, Cass. Sez. 5, sent. n. 15825 del 2006; n. 13034 e n. 11935 del 2012; n. 6918 del 2013; n. 24611 e n. 26532 del 2014; n. 13294/2016) che dalla, natura del processo tributario - il quale non è annoverabile tra quelli di "impugnazione-annullamento", ma tra i processi di "impugnazione-merito", in quanto non è diretto alla sola eliminazione giuridica dell'atto impugnato, ma alla pronuncia di una decisione di merito sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente che dell'accertamento dell'ufficio discende che ove il giudice tributario ritenga invalido l'avviso di accertamento per motivi non formali, ma di carattere sostanziale, non può limitarsi ad annullare l'atto impositivo, ma deve esaminare nel merito la pretesa tributaria e, operando una motivata valutazione sostitutiva, eventualmente ricondurla alla corretta misura, entro i limiti posti dalle domande di parti".

Cass. civ. Sez. VI, ord. 2633 del 27.01.2023

Ammissione al passivo – Videata gestionale tributi ed avvisi bonari – Illegittimità – Sussiste - "Con decreto n. 11258/2020 il Tribunale di Cassino rigettava l'opposizione, evidenziando che: a) l'opposizione, pur a reputarla ammissibile in rito, era destituita di fondamento, siccome l'ente opponente non aveva dato idonea prova del suo credito; b) l'opponente aveva infatti allegato "la stampa di tre schermate del sito web dedicato alla gestione dell'IMU del Comune di Cassino per i periodi di imposta (Omissis), (Omissis)" (così decreto impugnato, pag. 3); c) lo stesso opponente aveva depositato "gli avvisi di pagamento della TARI per i periodi di imposta (Omissis), che integrano nella sostanza una richiesta di pagamento bonaria" (così decreto impugnato, pag. 3), ed aveva depositato "i solleciti degli avvisi di pagamento della TARSU per i periodi di imposta (Omissis), nei quali è indicato che solo in caso di mancato pagamento si sarebbe proceduto alla notifica dell'avviso di accertamento" (così decreto impugnato, pag. 3). (…) In primo luogo, in sede di verifica del passivo il curatore si era espressamente opposto all'ammissione del credito, siccome non "supportato da idonea documentazione" (cfr. controricorso, pag. 7; cfr. memoria del controricorrente, ove è richiamata la nota dell'8.8.2018 con cui il curatore, nel relazionare al giudice delegato al fallimento in ordine alla domanda del Comune di Cassino, ebbe a dedurre che "la suddetta domanda appare inammissibile in quanto priva dei requisiti minimi (di) forma di cui alla L.Fall., art. 93 e, comunque, non accoglibile in quanto il credito di cui si chiede l'ammissione non risulta supportato da idonea documentazione probatoria".

Cass. civ. Sez. VI, ord. 2561 del 27.01.2023

Liquidazione spese di giudizio – Obbligo rifermento al dm 55/2014 – Sussiste – Riduzioni o aumenti – Obbligo specifica motivazione – Sussiste - "in tema di liquidazione delle spese processuali successiva al D.M. n. 55 del 2014, non trova fondamento normativo un vincolo alla determinazione secondo i valori medi ivi indicati, dovendo il giudice solo quantificare il compenso tra il minimo ed il massimo delle tariffe, a loro volta derogabili con apposita motivazione, la quale è, invece, doverosa allorquando si decida di aumentare o diminuire ulteriormente gli importi, affinchè siano controllabili le ragioni che giustificano lo scostamento e la misura di questo (Sez. 3, Ordinanza n. 89 del 07/01/2021; conf. Sez. 3, Ordinanza n. 19989 del 13/07/2021, secondo cui l'esercizio del potere discrezionale del giudice, contenuto tra il minimo e il massimo, non è soggetto a sindacato di legittimità, attenendo pur sempre a parametri fissati dalla tabella); invero, salvo il rispetto dei parametri minimi e massimi, la determinazione in concreto del compenso per le prestazioni professionali di avvocato è rimessa esclusivamente al prudente apprezzamento del giudice di merito (Sez. 1, Ordinanza n. 4782 del 24/02/2020)".

Cass. civ. Sez. VI, ord. 3335 del 03.02.2023

Liquidazione spese di giudizio – Obbligo motivazione con riferimento ad ogni singola voce – Sussiste – Liquidazione forfettaria – Illegittimità - Sussiste - "Il motivo di impugnazione è fondato in quanto è erronea nonchè lesiva dei minimi tariffari, nonchè del decoro e della dignità professionale una liquidazione - come quella effettuata nel caso di specie dalla sentenza impugnata - omnicomprensiva, unitaria e non specifica e in cui la condanna alle spese è priva di qualsiasi specificazione relativa alle singole voci liquidate (Cass. n. 5250 del 2019; Cass. n. 5318 del 2007, Cass. n. 11276 del 2002, secondo cui la liquidazione delle spese processuali non può essere compiuta in modo globale per spese, competenze di procuratore e avvocato, dovendo invece essere eseguita in modo tale da mettere la parte interessata in grado di controllare se il giudice abbia rispettato i limiti delle relative tabelle e così darle la possibilità di denunciare le specifiche violazioni della legge o delle tariffe; Cass. n. 5250 del 2019 e n. 27020 del 2017, secondo cui in materia di liquidazione degli onorari agli avvocati, qualora la parte abbia presentato nota specifica con l'indicazione delle spese vive sostenute e dei diritti ed onorari spettanti, il giudice non può procedere ad una liquidazione globale al di sopra delle somme richieste senza indicare dettagliatamente le singole voci che aumenta in conformità alla tariffa forense, dovendo consentire l'accertamento della conformità della liquidazione a quanto risulta dagli atti ed alle tariffe applicabili alla controversia, anche in relazione all'inderogabilità dei minimi e dei massimi tariffari); i suddetti principi sono stati peraltro confermati da Cass. n. 830 del 2020, Cass. n. 37009 del 2021 e 9836 del 2022".

Cass. civ. Sez. VI, ord. 4116 del 10.02.2023

Viadotto autostradale – Assoggettamento TOSAP – Sussiste - "In materia questa Corte ha affermato che l'occupazione a mezzo di impianti di servizi pubblici, quali sono i viadotti, è soggetta a Tosap senza che possa configurarsi l’ipotesi di esenzione di cui all’art. 39 d.lgs. 507/1993 giacché l'occupazione medesima deve considerarsi propria dell'ente concessionario e va, dunque, assoggettata alla tassa ai sensi dell'art. 38, comma 2, del d.lgs. n.507 del 1993: la società concessionaria è infatti l'esecutrice della progettazione e della realizzazione dell'opera pubblica a fronte del corrispettivo costituito dal diritto di gestire funzionalmente e di sfruttare economicamente tutti i lavori realizzati per la durata prevista. A nulla peraltro rileva il fatto che il viadotto sia di proprietà del demanio e che, al termine della concessione, anche la gestione di esso ritorni in capo allo Stato poiché, nel periodo di durata della concessione stessa, il bene, che pure è funzionale all'esercizio di un servizio di pubblica utilità, è gestito in regime di concessione da un ente che agisce in piena autonomia e non quale mero sostituto dello Stato nello sfruttamento dei beni. (Cfr. Cass., V, n. 11886/2017; VI, n. 20974/2020").

Cass. civ. Sez. V, ord. 4920 del 16.02.2023

Esenzione immobili ad uso culturale – Obbligo destinazione esclusiva – Sussiste - "Per quanto concerne l'esenzione invocata ai sensi dell'art. 7 cit., lett. c va rilevato che la norma prevede il trattamento di favore per "i fabbricati con destinazione ad usi culturali di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 5-bis e successive modificazioni"; la disposizione da ultimo citata, prescrive: "Immobili con destinazione ad usi culturali non concorrono alla formazione del reddito delle persone fisiche, del reddito delle persone giuridiche e dei redditi assoggettati alla imposta locale sui redditi, ai fini delle relative imposte, i redditi catastali degli immobili totalmente adibiti a sedi, aperte al pubblico, di musei, biblioteche, archivi, cineteche, emeroteche statali, di privati, di enti pubblici, di istituzioni e fondazioni, quando al possessore non derivi alcun reddito dalla utilizzazione dell'immobile". Nella fattispecie, la società ha fondato la propria doglianza sul solo fatto che l'immobile da essa posseduto rientrasse tra quelli di valore storico-artistico ai sensi del D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 10 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), così come in effetti riconosciuto in data risalente dal Ministero ed attestato all'attualità dalla suddetta nota di Sovrintendenza. Sfugge però alla ricorrente che questo solo elemento (…) non è idoneo ad integrare la fattispecie esonerativa richiesta, dal momento che quest'ultima richiama, come si è visto, l'art. 5 bis D.Lgs. sulle agevolazioni tributarie, il quale ultimo menziona non già gli immobili rientranti tout court nell'art. 10 del Codice perchè riconosciuti di interesse storico ed artistico, bensì soltanto gli "immobili totalmente adibiti a sedi, aperte al pubblico, di musei, biblioteche, archivi, cineteche, emeroteche statali, di privati, di enti pubblici, di istituzioni e fondazioni, quando al possessore non derivi alcun reddito dalla utilizzazione dell'immobile". Ebbene, non risulta che nel corso dei giudizi di merito la società abbia allegato e provato - come sarebbe stato suo onere, vertendosi di dimostrazione dei presupposti di una fattispecie di esenzione, come tale impeditiva del sorgere della pretesa tributaria: Cass. n. 6711/15 e molte altre - la sussistenza dei presupposti in questione, soprattutto per quanto concerne la totale adibizione a sede museale ed il mancato conseguimento di qualsiasi reddito dall'utilizzazione dell'immobile".

Cass. civ. Sez. V, ord. 4952 del 16.02.2023

Scuola Materna – Rette scolastiche inferiori costo medio per alunna – Irrilevanza – Esenzione – Non sussiste - "Nelle istruzioni di compilazione dei campi del Quadro B relativo alla dichiarazione per immobili destinati all'attività didattica venne precisato che il riquadro prevede l'indicazione del CM, vale a dire il corrispettivo medio percepito dall'ente non commerciale e quello del CMS, vale a dire il costo medio per studente pubblicato sul sito internet del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, avvertendo poi che se il predetto Cm dovesse risultare inferiore o eguale al CMS, ciò significa che l'attività è svolta con modalità non commerciali e come tale non soggetta ad imposizione IMU. 9.4. Ebbene, sulla scorta di tale criterio, la difesa dell'Istituito invoca per il riconoscimento del beneficio in questione, quale primo "dato materiale", il prospetto sintetico relativo a tale rapporto, che si assume essere stato rappresentato nel ricorso originario (a pagina n. 9), da cui emergerebbe che il costo medio per studente pubblicato sul citato sito internet è di gran lunga maggiore al corrispettivo medio per studente conseguito dall'ente, aggiungendo, poi, a tale evidenza l'ulteriore "dato materiale" costituito dal predetto risultato negativo di bilancio.(…) La contribuente ha precisato sul punto che "i Giudici di secondo grado, hanno completamente omesso di analizzare l'esame del rapporto tra costo medio e costo medio per studente, parametro per stabilire l'applicabilità o meno dell'esenzione IMU per le scuole paritarie...", aggiungendo che "A tale riguardo, a pag. 9 del ricorso in primo grado dell'Istituto Bambin Gesù di Rieti, è stato rappresentato un prospetto sintetico relativo a tale rapporto con riferimento alla scuola materna, elementare e media..." (così a pagina n. 16 del ricorso in oggetto), i cui termini sono stati riportati nell'impugnazione in esame. (…) La censura in esame risulta, invece, infondata, per difetto di decisività, nella parte in cui lamenta l'omesso esame del risultato negativo del bilancio prodotto. Deve, infatti, osservarsi, alla luce del resoconto che precede, che:

a. la disposizione applicabile è quella del D.M. 19 novembre 2012, n. 200, art. 4, comma 3, lett. c), nella parte in cui dispone che "l'attività è svolta a titolo gratuito, ovvero dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico e tali da coprire solamente una frazione del costo effettivo del servizio, tenuto anche conto dell'assenza di relazione con lo stesso";

b. il menzionato disavanzo di bilancio, di non ragguardevole entità e suscettivo di essere condizionato da una pluralità di fattori e come tale non esclusivamente dipendente dall'ammontare delle rette, non è capace di esprimere il concetto di corrispettivo simbolico, nè dimostra che quest'ultimo sia stato determinato in assenza di relazione col costo effettivo del servizio, profilo questo che integra, invece, il parametro normativo di riferimento per stabilire il carattere non commerciale dell'attività didattica ai fini che occupano e che ha formato oggetto dell'accertamento ad opera della Commissione regionale nella parte in cui, ritenendo - con valutazione di merito non suscettiva di sindacato nella presente sede - la prossimità della retta applicata dall'istituto a quelle operanti nel mercato, ha reputato il corrispettivo richiesto dall'ente ecclesiastico privo del requisito dell'irrisorietà e/o simbolicità.

9.5. Deve aggiungersi, quanto al D.M. 26 giugno 2014, che questa Corte, sempre in materia di IMU (sebbene in relazione all'individuazione del soggetto passivo in caso di risoluzione anticipata del contratto di leasing, ove non consegua la riconsegna dal bene alla società concedente) ha chiarito che le istruzioni ministeriali non possono vincolare l'interpretazione del dato normativo (cfr. Cass., Sez. V, 27 aprile 2022, n. 13120; Cass. Sez. VI-V, 5 settembre 2022, n. 26057; Cass., Sez., VI-V, 13 marzo 2020, n. 7227; Cass., Sez. V, 22 luglio 2021, n. 20977; Cass. Sez. V, 19 novembre 2019, n. 29973). Deve, infatti, osservarsi che l'imprescindibile punto di riferimento è rappresentato dalla previsione normativa del D.M. 19 novembre 2012, art. 4, comma 3, lett. c), che ha costituito diretta attuazione del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, art. 91, comma 3-bis circa la determinazione dei "requisiti, generali e di settore, per qualificare le attività di cui al D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. i, come svolte con modalità non commerciali". In tale direzione, lo scrutinio da compiere deve confrontarsi con gli indici stabiliti dalla predetta disposizione, secondo cui - lo si ripete - "l'attività è svolta a titolo gratuito, ovvero dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico e tali da coprire solamente una frazione del costo effettivo del servizio, tenuto anche conto dell'assenza di relazione con lo stesso" (cfr. D.M. 19 novembre 2012, n. 200, art. 4, comma. 3, lett. c)). E tale valutazione non può essere riducibile all'applicazione meccanica di un parametro (come il citato rapporto tra CM e CMS, di cui alle citate istruzioni) stabilito in via generale, una volta per tutte, come tale funzionale ad una elaborazione forfettaria del requisito, giacchè, in termini del tutto diversi, il dato normativo obbliga ad una valutazione puntuale, non predeterminata, riferita alla specifiche condizioni in cui opera il singolo contribuente, delineando un accertamento basato sulla verifica dell'irrisorietà della retta, in ragione della sua inidoneità a porsi pure come larvata forma retributiva dell'attività didattica prestata, come precisato da questa Corte secondo cui "a fare il discrimine in questo caso è la retta (Cass. 18831/2020; n. 3369/2019; n. 2019/13787, in motiv; 24308/2019; Cass. n. 10754/2017; Cass. n. 10483 del 2016; n. 19773 del 2019; n. 13970 del 2016, massimate)" (così Cass., Sez. V/T, 15 dicembre 2020, n. 28578)".

Cass. civ. Sez. I, ord. 5177 del 20.02.2023

Ambulanti – Occupazione temporanea e non permanente – Cosap – "Questa Corte (con sentenza n. 18250/2003, conf. tra le ultime Cass. 27048/2018) sia pure con riguardo alla TOSAP, ha già chiarito che "in base al combinato disposto del D.Lgs. n. 507 del 1993, artt. 42, 44 e 45, l'occupazione deve essere considerata permanente quando (art. 42, comma 1, lett. c) l'atto di concessione ne prevede l'utilizzazione continuativa da parte del concessionario (con conseguente sottrazione del suolo e/o dell'area all'uso pubblico di destinazione) per tutta la sua durata, che deve essere superiore all'anno", mentre "va considerata temporanea l'occupazione priva di autorizzazione (art. 42, comma 2) ovvero (art. 42, comma 1, lett. b)) quella (anche se continuativa) autorizzata per una durata inferiore all'anno, nonchè l'occupazione, anche se di durata superiore all'anno, che preveda la sottrazione non continuativa del suolo pubblico, come soltanto per una parte del giorno, difettando, in questo caso, il carattere della stabilità dell'occupazione stessa", cosicchè "la considerazione della sola durata (infra o ultra annuale) della occupazione del suolo pubblico oggetto dell'atto di concessione non costituisce corretta valutazione dell'esatto "discrimen" legale per qualificare come temporanea ovvero come permanente detta occupazione dovendosi, invece, sempre verificare se l'atto di concessione limiti o meno l'occupazione ad alcuni giorni della settimana e/o ad alcune ore del giorno, perchè la limitazione suddetta importa sempre la natura temporanea dell'occupazione".

Cass. civ. Sez. V, sent. 5786 del 24.02.2023

TARI – Riduzioni comma 649 – Riduzione proporzionale e non a scaglioni – Riduzione per avvio al riciclo e non al recupero – Art. 238 TUA – Irrilevanza – Sussiste – Circolare Mite – Irrilevanza – Sussiste – "Occorre premettere che correttamente la sentenza impugnata ha disapplicato il regolamento del Comune di Marcianise che ha limitato la riduzione per l’avvio al riciclo della parte variabile della tariffa al 50%. Il regolamento comunale in esame va, difatti, ricondotto agli artt. 117 e 119 Cost. e deve rispettare i principi di coordinamento dettati dal legislatore nazionale che vanno rinvenuti nell’art. 1, comma 649, della l. n. 147 del 2013. Invero, la potestà regolamentare delle autonomie locali, che ha oggi il suo fondamento costituzionale nell’art. 117, comma 6, Cost., non altera il sistema delle fonti, sicché i regolamenti degli enti locali non possono porsi in contrasto con le leggi statali e regionali. In materia tributaria va, poi, ricordato che, ai sensi dell’art. 119 Cost., gli enti locali stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo i princìpi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario. La disciplina nazionale, nel prevedere riduzioni della quota variabile del tributo proporzionali alle quantità di rifiuti speciali assimilati che il produttore dimostra di aver avviato al riciclo non fa alcun cenno alla eventuale possibile introduzione di un limite a tale riduzione, che deve ritenersi esclusa, in quanto inevitabilmente altererebbe il criterio di proporzionalità, previsto dal legislatore statale e vincolante per gli enti locali. La necessaria riduzione della parte variabile del tributo sui rifiuti in misura proporzionale alla quantità degli stessi avviata al riciclo costituisce, appunto, uno di tali principi di coordinamento del sistema tributario, in quanto proiezione della disciplina comunitaria e dell’art. 9, terzo comma, della Costituzione, ai sensi del quale la Repubblica tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. In definitiva, come già affermato dal Consiglio di Stato, la “riduzione” deve essere “proporzionale” alla quantità di rifiuti derivanti da utenze non domestiche che il produttore dimostri di aver auto-riciclato; la fissazione di un limite massimo alla riduzione tariffaria, non previsto dal legislatore, altera il criterio di proporzionalità e non è, quindi, consentita, sicché il regolamento comunale che lo introduca è, in parte qua, illegittimo e va disapplicato anche di ufficio (Cons. Stato n. 585 del 2018). (…). Occorre, dunque, stabilire se il Comune, nella sua potestà regolamentare in materia tributaria, che deve esercitare in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanzia pubblica e del sistema tributario, ai sensi dell’art. 119, secondo comma, Cost., sia tenuto a riconoscere riduzioni della quota variabile del tributo proporzionali alla quantità dei rifiuti speciali assimilati avviati al riciclo, fermo restando la legittimità possibilità del riconoscimento di tali riduzioni anche per i rifiuti avviati recupero, oppure se sia tenuto a riconoscere anche riduzioni della quota variabile del tributo proporzionali alla quantità dei rifiuti speciali assimilati avviati al recupero. 6.3. A favore della prima opzione ermeneutica depone la modifica legislativa effettuata con la l. n. 68 del 2014 (…) che ha soppresso l’art. 1, comma 661, e ha modificato l’art. 1, comma 649 della l. n. 147 del 2013. Né può pervenirsi a conclusioni diverse in virtù del comma 651 dell’art. 1 della l. n. 147 del 2013, ai sensi del quale il comune, nella commisurazione della tariffa, tiene conto dei criteri determinati con il regolamento di cui al d.P.R. n. 158 del 1999 (…) Parimenti non disciplina la T.a.r.i., ma la Tariffa per la gestione dei rifiuti urbani l’art. 238, comma 10, del d.lgs. n. 152 del 2006 (che, nella versione vigente ratione temporis, stabiliva alla tariffa è applicato un coefficiente di riduzione proporzionale alle quantità di rifiuti assimilati che il produttore dimostri di aver avviato al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l'attività di recupero dei rifiuti stessi), sebbene, ad avviso del Ministero della Transizione Ambientale (vedi circolare del 12 aprile 2021), le innovazioni di tale art. 238, apportate dal d.lgs. n. 116 del 2020 (comunque successivamente ai fatti di causa) debbano applicarsi anche alla Tari, perché inserite “in una collocazione non perfettamente adeguata”. Né può ritenersi a priori che l’assenza di una riduzione tariffaria (imposta dalla legislazione statale ai Comuni) per i rifiuti avviati al recupero risulti in contrasto con la disciplina unionale che impone agli Stati membri (art. 10 della direttiva 2008/98/CE) di adottare le misure necessarie per garantire che i rifiuti siano sottoposti a operazioni di recupero a norma dell’art. 4 (che comprende preparazione per il riutilizzo, riciclo e recupero di altro tipo), visto che la direttiva lascia agli Stati membri la scelta discrezionale delle misure da adottare, da valutare in modo globale ed in ambito non esclusivamente fiscale, fermo restando che, come chiarito dalla Corte di Giustizia del 16 luglio 2009, nella causa C-254/2008, “spetta tuttavia al giudice a quo accertare, sulla scorta degli elementi di fatto e di diritto sottopostigli, se la tassa sui rifiuti su cui verte la causa principale non comporti l’accollo a taluni detentori … di costi manifestamente non commisurati ai volumi o alla natura dei rifiuti da essi producibili".

Cass. civ. Sez. V, ord. 5804 del 24.02.2023

IMU – Riduzione inagibilità – Interventi di manutenzione – Spettanza agevolazione – Non sussiste – "ai fini dell'applicazione della riduzione de qua devono considerarsi, dunque, inagibili o inabitabili, e di fatto non utilizzati, i fabbricati per i quali vengano a mancare i requisiti di cui all'articolo 24, comma 1, del d.P.R. n. 380/2001 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) e quindi nello specifico gli immobili che presentino un degrado fisico sopravvenuto (fabbricato diroccato, pericolante, fatiscente) o un’obsolescenza funzionale, strutturale e tecnologica (cfr. in tal senso, anche se con riferimento all’ICI, Cass. 19/11/2019 n. 29966 in motiv., che definisce condizione di inagibilità e inabitabilità in cui versi l’immobile l’«obiettiva inidoneità alla sua utilizzazione a causa dell'obsolescenza o cattiva manutenzione dello stesso o della presenza di carenze intrinseche»), non superabile con interventi di manutenzione, ordinaria o straordinaria; 2.4. ai sensi dell’art. 3, lettere a), b), c) e d), del d.P.R. n. 380/2001 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) per interventi di manutenzione ordinaria si intendono, dunque, gli interventi edilizi che riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti, mentre per interventi di manutenzione straordinaria si intendono le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino la volumetria complessiva degli edifici e non comportino mutamenti urbanisticamente rilevanti delle destinazioni d’uso implicanti incremento del carico urbanistico, ed infine per interventi di restauro e di risanamento conservativo, si intendono gli interventi edilizi rivolti a conservare l'organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo stesso, ne consentano destinazioni d'uso con essi compatibili; 2.5. ne consegue che attività «puramente manutentive», come quelle indicate nella sentenza impugnata (aventi ad oggetto, come affermato dagli stessi contribuenti, il ripristino di «impianti idro-termici-sanitari, gas, elettrico, nonché infissi ed opere di muratura»), non potevano al contempo costituire anche interventi di «risanamento conservativo», poiché questi ultimi, rispetto alle categorie delle manutenzioni, ordinaria e straordinaria, non comportano interventi su parti specifiche di un immobile, ma hanno ad oggetto il complesso dell'immobile nei suoi aspetti tipologici, formali, strutturali, funzionali ed impiantistici; 2.6. gli interventi di manutenzione consistono dunque in operazioni finalizzate a mantenere funzionale ed efficiente l’immobile, mentre gli interventi di risanamento conservativo hanno l'obiettivo della sua conservazione; 2.7. erra, pertanto, la Commissione tributaria regionale laddove afferma che opere, definite di manutenzione, possano essere considerate, unitariamente, come attività di risanamento conservativo, avendo, come si è detto, i suddetti interventi differenti finalità".


CIRCOLARI - RISOLUZIONI - COMUNICATI

Dipartimento delle Finanze – Dichiarazione imposta di soggiorno

Risoluzione n. 1/DF del 2023 - PDF


NORMATIVA

MINISTERO ECONOMIA E  FINANZE: decreto 13 febbraio 2023

Aggiornamento dei coefficienti, per l'anno 2023, per i fabbricati classificabili nel gruppo catastale D ai fini del calcolo dell'imposta municipale propria (IMU) e dell'imposta immobiliare sulle piattaforme marine (IMPi) - GU Serie Generale n.49 del 27-02-2023

LEGGE 24 febbraio 2023, n. 14

Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 dicembre 2022, n. 198, recante disposizioni urgenti in materia di termini legislativi. Proroga di termini per l'esercizio di deleghe legislative - GU Serie Generale n.49 del 27-02-2023

 
 

 

www.anci.emilia-romagna.it

Questo notiziario utilizza un Data Center certificato Bioagricert
a zero emissioni di CO2 e alimentato solo da fonti rinnovabili