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5 Dicembre 2024
SEMINARI
Le ultime novità in tema di tributi comunali - 15 novembre
Ore 9.00-14.00 – Relatore Pasquale Mirto
Sala Rita Levi Montalcini - Via 29 Maggio, Mirandola (MO)
Seminario gratuito
Programma (PDF)
NOTIZIE DA IFEL
Le proposte ANCI al “Decreto Fiscale”
Audizione ANCI - Le proposte al "Decreto fiscale" (dl 23 ottobre 2018, n.119):
- Principali criticità del decreto fiscale
- Emendamenti specifici
- Proposta ANCI di riforma della riscossione locale
Variazione gestione accesso Telecontenzioso
Variazione del sistema di profilazione delle "multiutenze" per l'accesso ai servizi telematici al processo tributario
GIURISPRUDENZA
Cass. civ. Sez. VI, Ord. n. 26758 del 22-10-2018
ICI/IMU – Aree fabbricabili – Motivazione – legittimo rinvio valori deliberati – onere della prova eccessività spetta al contribuente - Il rinvio alla delibera di approvazione dei valori venali di riferimento “è sufficiente ad integrare le condizioni di legittimità dell'atto in relazione all'osservanza dell'obbligo di motivazione, ed a consentire, quindi, la puntuale delimitazione del thema decidendum quanto alla pretesa impositiva dell'Amministrazione. 6.2. Quanto alla pretesa violazione del riparto dell'onere della prova sul valore dell'area, il motivo è inammissibile, non tenendo conto la censura della giurisprudenza di questa Corte in materia, secondo cui la delibera comunale di determinazione del valore per aree omogenee, tra le quali è compresa quella oggetto di accertamento, ha valore presuntivo sulla corrispondenza al valore venale in comune commercio dell'area con riferimento all'anno d'imposizione, spettando al contribuente superare detta presunzione, dimostrandone in concreto il minor valore rispetto a quello assunto come base imponibile dell'ICI dovuta per l'anno di riferimento (cfr. Cass. sez. 6- 5, ord. 5 luglio 2017, n.16620; Cass. sez. 5, 30 giugno 2010, n. 15555)”.
Cass. civ. Sez. VI, Ord. n. 26579 del 22-10-2018
Tributi comunali – Obbligo contraddittorio - Non sussiste - “Premesso che l'atto impositivo tributario presenta una sua specificità nell'ambito degli atti amministrativi, donde ad essi non consegue un'automatica applicabilità delle norme in tema di procedimento amministrativo (cfr. Cass. sez. 5, 18 settembre 2015, n. 18488), è sufficiente evidenziare come la sentenza impugnata si ponga in palese contrasto con il principio affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. 9 dicembre 2015, n. 24823), che, limitato l'ambito di applicabilità dell'art. 12, comma 7, della L. n. 212/2000 ai soli casi di accessi, ispezioni o verifiche presso il locali del contribuente, hanno chiarito che «in tema di tributi c.d. non armonizzati, l'obbligo dell'Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l'invalidità dell'atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi, per le quali siffatto obbligo risulti specificamente sancito; mentre in tema di tributi cd. armonizzati, avendo luogo la diretta applicazione del diritto dell'Unione, la violazione del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell'Amministrazione comporta in ogni caso, anche in campo tributario, l'invalidità dell'atto, purché, in giudizio, il contribuente assolva l'onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che l'opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell'interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto» (tra la successiva giurisprudenza conforme si vedano, tra le altre, Cass. sez. 5, 3 febbraio 2017, n. 2875; Cass. sez. 6-5, ord. 20 aprile 2017, n. 10030; Cass. sez. 6-5, ord. 5 settembre 2017, n. 20799; Cass. sez. 6-5, ord. 11 settembre 2017, n. 21071; Cass. sez. 6-5, ord. 14 novembre 2017, n. 26943; Cass. sez. 6-5, ord. 6 febbraio 2018, n. 2873).”
Corte Costituzionale, sentenza n. 175 del 23-7-2018
Legittima notifica cartella di pagamento tramite A/R - “Con riferimento, quindi, alla forma di notificazione "diretta", con consegna del plico al destinatario o a chi sia legittimato a riceverlo, può dirsi che le modalità pur semplificate del procedimento notificatorio soddisfano il requisito - richiesto dalla giurisprudenza di questa Corte − della "effettiva possibilità di conoscenza" dell'atto (sentenze n. 346 del 1998 e n. 360 del 2003). (…) la discrezionalità del legislatore deve comunque assicurare il "fondamentale diritto del destinatario della notificazione ad essere posto in condizione di conoscere, con l'ordinaria diligenza e senza necessità di effettuare ricerche di particolare complessità, il contenuto dell'atto e l'oggetto della procedura instaurata nei suoi confronti, non potendo ridursi il diritto di difesa del destinatario medesimo ad una garanzia di conoscibilità puramente teorica dell'atto notificatogli" (…) Analogamente, nella fattispecie della notifica "diretta" delle cartelle di pagamento, lo scarto tra conoscenza legale e conoscenza effettiva è suscettibile di essere riequilibrato per soddisfare l'esigenza di assicurare l'effettiva conoscenza degli atti. Si ha, infatti, che il richiamato canone generale, recato dall'art. 6 citato, influenza, in termini di interpretazione costituzionalmente orientata, la portata della rimessione in termini, nel senso che la mancanza, in concreto, di "effettiva conoscenza" dell'atto, per causa non imputabile, può legittimare il destinatario a richiedere la rimessione in termini”
Cass. civ. Sez. V, Sent. n. 26198 del 18 -10-2018
Tarsu/Tia – Avviso bonario - fattura – facoltà e non obbligo di impugnativa – Rifiuti speciale – Obbligo dimostrazione a carico dell’utente – Solo riduzione mai detassazione completa - Sono principi consolidati quelli “costituiti, da un lato, dalla impugnabilità dell'atto impositivo 'atipico' e, dall'altro, dal carattere meramente facoltativo di tale impugnabilità, con conseguente esclusione di definitività dell'atto medesimo nell'ipotesi in cui questa facoltà non venga esercitata (se non con l'impugnazione del primo atto tipico successivo). In tal senso si è espressa, tra le altre, Cass. 2616/15 e, proprio in fattispecie di fatture TIA, Cass. ord.14675/16, secondo cui: "In tema di contenzioso tributario, l'impugnazione da parte del contribuente di un atto non espressamente indicato all'art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, il quale, tuttavia, abbia natura di atto impositivo (nella specie, le fatture TIA), è una facoltà e non un onere, il cui mancato esercizio non preclude la possibilità d'impugnazione con l'atto successivo (nella specie, la cartella di pagamento) ".
In merito alla detassazione per produzione di rifiuti speciali essa consegue solo dietro il rispetto delle prescrizione contenute nel regolamento comunale “richiedente la presentazione all'amministrazione comunale, entro il 31 gennaio, di una dichiarazione annuale "attestante la quantità totale dei rifiuti prodotti e la quantità dei rifiuti avviati al recupero nell'anno precedente, nonché l'attestazione rilasciata dal soggetto autorizzato al quale tali rifiuti sono stati conferiti e copia del registro di carico e scarico"; non poteva dunque affermarsi, con la commissione tributaria regionale, che il dato dello smaltimento in proprio rilevasse in quanto tale, in assenza delle prove e delle dichiarazioni prescritte dalla normativa (diverse e speciali rispetto al Modello Unico di Dichiarazione dei rifiuti presentata dalla società alla CCIAA, ed indebitamente valorizzata dalla commissione); b. in ogni caso, dalla prova (posta a carico della società) dell'effettivo espletamento della raccolta dei rifiuti attraverso ditte specializzate non discendeva la completa esenzione dalla tariffa della società contribuente, quanto la sua ammissione al regime agevolato, costituito da un "coefficiente di riduzione proporzionale alle quantità di rifiuti assimilati e il produttore dimostri di aver avviato al recupero (art.49, co.14^ cit.), secondo quanto stabilito dalla amministrazione comunale; ciò in ragione della permanente sussistenza di una quota residuale di servizi generali erogati alla collettività dall'amministrazione comunale nella gestione dei rifiuti urbani, tale da giustificare il pagamento della tariffa, sebbene in misura ridotta.
Cass. civ. Sez. V, Sent. n. 26201 del 18 -10-2018
Tarsu – Ipermercato – Tassa dovuta dall’amministratore del condominio – “In base all'art.63, comma 3 d.lgs. 507/93: "Nel caso di locali in multiproprietà e di centri commerciali integrati il soggetto che gestisce i servizi comuni è responsabile del versamento della tassa dovuta per i locali ed aree scoperte di uso comune e per i locali ed aree scoperte in uso esclusivo ai singoli occupanti o detentori, fermi restando nei confronti di questi ultimi gli altri obblighi o diritti derivanti dal rapporto tributario riguardante i locali e le aree in uso esclusivo". Questa disposizione è stata interpretata dalla corte di legittimità (sent.1848/10) nel senso che: "In tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, per i "centri commerciali integrati" (e i locali in multiproprietà), soggetti passivi sono coloro che occupano o detengono i locali in uso esclusivo, mentre chi gestisce i servizi comuni è responsabile in solido, come si desume dall'art. 63 del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, il quale contrappone colui dal quale "la tassa è dovuta" (comma 1) a colui che ne "è responsabile" (comma 3), nonché dal soppresso comma 4 del medesimo articolo, che prevedeva l'obbligo del responsabile di presentare al Comune l'elenco dei singoli occupanti, all'evidente scopo di consentire all'amministrazione di perseguire il debitore principale del tributo". Il gestore dei servizi comuni all'interno del centro commerciale integrato è dunque responsabile in solido – con singoli detentori dei locali in uso esclusivo - per il pagamento della Tarsu”.
TAR - Lecce sentenza n. 1481-2018 del 12.10.2018
Mef può impugnare solo regolamenti ma non delibere aliquote- Mancata pubblicazione sito - Inefficacia delibera ma non illegittimità – “ai sensi dell’art. 52 co 4. D. lgs. n. 446/97, “Il Ministero delle finanze può impugnare i regolamenti sulle entrate tributarie per vizi di legittimità avanti gli organi di giustizia amministrativa”; tale previsione normativa, in quanto avente data anteriore al nuovo sistema di riparto delle competenze delineato dalla l. cost. n. 3/01, di modifica del Titolo V della Costituzione, va interpretata restrittivamente, con riferimento esclusivo agli atti aventi natura regolamentare tale Delibera è atto diverso dal Regolamento Tasi, approvato con DCC n. 24/2018 del 16.3.2018, l’unico a poter costituire oggetto di impugnativa; - ritenuto pertanto, per tali ragioni, che il ricorso vada dichiarato inammissibile, avendo il MEF impugnato un atto diverso dal citato Regolamento Tasi di cui alla DCC n. 24/2018; - ritenuta comunque, nel merito, l’infondatezza del ricorso, posto che la mancata pubblicazione sul sito governativo della DCC n. 70/2017, di conferma della maggiorazione Tasi in esame, non ne determina l’invalidità, incidendo al più sulla sua efficacia per l’anno di riferimento. Invero, come condivisibilmente chiarito dalla giurisprudenza amministrativa, “Ai sensi dell'art. 1, comma 169, della legge finanziaria per il 2007, invero, la violazione del termine non determina di per sé ed automaticamente l'illegittimità dei regolamenti e degli atti comunali, ma incide solo sul regine di efficacia temporale, nel senso che il rispetto del termine di approvazione di cui all'art. 1, comma 169, cit. è condizione per applicare le nuove tariffe o le nuove aliquote retroattivamente (a partire cioè dal 1° gennaio dell'esercizio di riferimento)” (C.d.S, V, 17.1.2018, n. 267). Pertanto la mancata pubblicazione sullo specifico sito governativo al più preclude l’applicazione delle tariffe per l’esercizio finanziario 2017, ma non anche per quello 2018 (oggetto di odierna controversia), una volta che in tale anno si sia provveduto alla pubblicazione, come pacificamente accaduto nel caso di specie”.
Cass. civ. Sez. VI, Ord. n. 25595 del 12-10-2018
Ici/Imu – Aree fabbricabili – Obbligo allegazione delibera non sussiste – Onere dimostrazione eccessività valori in capo al contribuente - “Risulta infondato con riferimento al denunciato vizio di violazione o falsa applicazione dell'art. 7 della 1. n. 212/2000. Essendo incontestato tra le parti che l'avviso di accertamento impugnato contenesse il puntuale riferimento alla delibera comunale di determinazione dei valori per aree omogenee (…) deve ritenersi che l'avviso di accertamento contenga i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che lo giustificano, al fine di porre il contribuente in condizione di valutare l'opportunità di esperire l'impugnazione giudiziale e, in caso positivo, di contestare efficacemente l' an ed il quanturn debeatur (cfr., tra le altre, Cass. sez. 5, 24 luglio 2014, n. 16836). Ciò è sufficiente ad integrare le condizioni di legittimità dell'atto in relazione all'osservanza dell'obbligo di motivazione, ed a consentire, quindi, la puntuale delimitazione del tberna decidendum quanto alla pretesa impositiva dell'Amministrazione. Quanto alla pretesa violazione del riparto dell'onere della prova sul valore dell'area, il motivo è inammissibile, per un verso (…) non tenendo conto la censura della giurisprudenza di questa Corte in materia, secondo cui la delibera comunale di determinazione del valore per aree omogenee, tra le quali è compresa quella oggetto di accertamento, ha valore presuntivo sulla corrispondenza al valore venale in comune commercio dell'area con riferimento all'anno d'imposizione, spettando al contribuente superare detta presunzione, dimostrandone in concreto il minor valore rispetto a quello assunto come base imponibile dell'ICI dovuta per l'anno di riferimento (cfr. Cass. sez. 6- 5, ord. 5 luglio 2017, n.16620; Cass. sez. 5, 30 giugno 2010, n. 15555)”.
Cass. civ. Sez. VI, Ord. n. 25597 del 12-10-2018
Rendita catastale non notificata intestatario – Inutilizzabilità in sede di accertamento - “Dato atto del richiamo non pertinente in ricorso a Cass. sez. unite n. 160 del 9 febbraio 2011 e n. 3166 del 15 febbraio 2011, che presuppongono, ai fini dell'utilizzazione a fini impositivi per annualità d'imposta anteriori ancora suscettibili di accertamento che la rendita, messa in atti successivamente al 10 gennaio 2000, sia stata comunque notificata, la pronuncia impugnata, nella parte in cui ha ritenuto inutilizzabile la maggiore rendita attribuita dall'Agenzia del Territorio ai fini della determinazione della base imponibile dell'ICI per l'anno oggetto di accertamento, ha fatto corretta applicazione del principio affermato in materia da questa Corte, anche in relazione ad ipotesi di modifica dell'attribuzione di rendita catastale a seguito di variazione richiesta con procedura Docfa (cfr., più di recente, Cass. sez. 6-5, ord. 26 ottobre 2017, n. 25525; Cass. sez. 6-5, ord. 28 settembre 2017, n. 22789; Cass. sez. 6-5, ord. 27 settembre 2017, n. 22681; Cass. sez. 5, ord. 19 luglio 2017, n. 17825; Cass. sez. 5, 11 maggio 2017, n. 11682), secondo cui l'omessa notifica dell'attribuzione o rettifica della rendita catastale, adottata successivamente al 31 dicembre 1999, ne preclude l'utilizzabilità ai fini della determinazione della base imponibile dell'ICI, neppure potendo ipotizzarsi un vulnus alla difesa del Comune che avrebbe potuto eventualmente chiedere la chiamata in causa dell'Agenzia del Territorio (ora Agenzia delle Entrate), per consentirle di comprovare l'effettuata notificazione della rendita catastale all'unità immobiliare oggetto di accertamento, contestata dalla contribuente (cfr. Cass. sez. 6-5, ord. 20 gennaio 2017, n. 1439)”.
Cass. civ. Sez. VI, Ord. n. 25135 del 10-10-2018
Inammissibilità ricorso avverso diniego di annullamento in autotutela di avviso bonario Tarsu - Rendita catastale non notificata intestatario – Inutilizzabilità in sede di accertamento - “Questa Corte ha più volte affermato in materia che il diniego dell'annullamento di atto richiesto, sollecitando il potere di autotutela dell'ente impositore, può essere impugnato dal contribuente solo per motivi riguardanti la legittimità del rifiuto e non già per contestare la fondatezza della pretesa tributaria (cfr., Cass. sez. 6-5, ord. 9 aprile 2018, n. 8626; Cass. sez. 6-5, ord. 17 maggio 2017, n. 12491; Cass. sez. 5, 20 febbraio 2015, n. 3442; Cass. sez. 6-5, ord. 2 dicembre 2014, n. 255249). A detto principio, che ha trovato avallo anche nella giurisprudenza costituzionale (cfr. Corte cost. 13 luglio 2017, n. 181), deve essere assicurata ulteriore continuità. 4.3. Nella fattispecie in esame i motivi addotti a sostegno della richiesta di annullamento del diniego espresso di autotutela reso dall'Amministrazione comunale erano afferenti alla sola contestazione della fondatezza della pretesa tributaria in ragione dell'eccepita decadenza, non comportando poi la mancata impugnazione dell'atto presupposto, in relazione alla sua natura, alcuna preclusione riguardo alla successiva impugnazione in sede giurisdizionale del ruolo e/o dell'ingiunzione di pagamento, ove emessi, laddove invece la contribuente ha inteso ricorrere dinanzi alla CTP contro il diniego di autotutela per ragioni non inerenti alla legittimità del rifiuto”.
Cass. civ. Sez. V, Ord. n. 24421 del 05-10-2018
Area soggetta a strade ed opere pubbliche – assoggettabilità - “va osservato che, anche alla luce di quanto puntualizzato specificamente, tra l'altro, in tema di Iva, dal D.L. n. 223 del 2006, art. 36, comma 2, convertito in L. n. 248 del 2006, la disposizione collega la qualifica di area edificabile (implicante l'esclusione dal beneficio della tassazione su base catastale, previsto per i soli terreni agricoli, e la soggezione alla valutazione in base al valore di mercato) al semplice inserimento dell'area nel piano regolatore generale, indipendentemente dall'esistenza di piani particolareggiati o attuativi (in tema di imposta di registro, Cass. 25506/06 e 25505/06; in senso conforme, sulla natura di interpretazione autentica della norma , v. Cass. n. 11182 el 2014); risultando, in tal modo, delineata una nozione di area edificabile ampia ed ispirata alla mera potenzialità edificatoria, trova, pertanto, conferma il convincimento secondo cui la correlativa qualifica non può ritenersi esclusa dalla ricorrenza di particolari vincoli o destinazioni urbanistiche che condizionino, in concreto, l'edificabilità del suolo, giacché tali limiti, incidendo sulle facoltà dominicali connesse alle possibilità di trasformazione urbanistico-edilizia del suolo medesimo, ne presuppongono la vocazione edificatoria. Se ne deve, di conseguenza, inferire che la presenza dei suddetti vincoli non sottrae le aree su cui insistono al regime fiscale proprio dei suoli edificabili, ma incidono soltanto sulla concreta valutazione del relativo valore venale e, conseguentemente, della base imponibile (ex multis, in tema di Ici, v. Cass. n. 13063 del 2017; Cass. n. 9509 del 2008; n. 19750 del 2004, in tema di imposta di registro n. 11371 del 2003, n. 2971 del 2003); il legislatore in materia attribuisce unica rilevanza alle previsioni degli strumenti urbanistici, ed, in particolare, allo strumento urbanistico generale adottato dal Comune, senza quindi prendere in considerazione altre evenienze, come gli eventuali limiti derivanti da vincoli imposti per altri scopi (v. peraltro, anche Cass. I civ. n. 15704 del 12/12/2001, secondo cui ai fini della determinazione dell'indennità di espropriazione per pubblica utilità, non può ritenersi l'inedificabilità del terreno che ne forma oggetto solo perché lo stesso è sottoposto al vincolo paesistico di cui alla legge 29 giugno 1939, n. 1497 –come richiamata dall'art. 82, quinto comma, lett. a, del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, aggiunto in sede di conversione del decreto - legge 27 giugno 1985, n. 312- occorrendo, invece, che risulti dai pertinenti documenti che l'inedificabilità sia stata concretamente imposta, in quanto l'esercizio dello "ius aedificandi" nelle zone soggette al vincolo suindicato non è escluso per il mero fatto della sottoposizione al medesimo, restando solo condizionato al nulla osta della competente sovrintendenza)”.
Cass. civ. Sez. VI, Ord. n. 24151 del 03-10-2018
Annullamento e riemissione in pendenza di giudizio - Legittimità – Unico limite sussistenza sentenza passata in giudicato - “Risulta, infatti, (…) che l'esercizio del potere di autotutela dell'Amministrazione è intervenuto in pendenza del termine per il passaggio in giudicato della succitata sentenza n. 63/03/2012. (…) Emesso dunque il nuovo avviso di accertamento il 5 dicembre 2012, e chiarito che in tema di atti d'imposizione tributaria la notificazione, avvenuta il 2 gennaio 2013, non è requisito di giuridica esistenza dell'atto ma condizione integrativa dell'efficacia dello stesso (cfr. Cass. sez. 5, 24 aprile 2015, n. 8374), risulta erronea (cfr. Cass. sez. 5, 8 luglio 2015, n. 14219; Cass. sez. 5, 20 marzo 2015, n. 5641) la decisione impugnata che ha riconosciuto preclusivo dell'esercizio del potere di autotutela dell'Amministrazione il giudicato sull'annullamento del precedente atto, essendosi detto giudicato formato solo successivamente all'esercizio da parte dell'Amministrazione del potere di autotutela”.
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